La biografia di Mike Tyson è un piccolo capolavoro della letteratura, nonché uno dei miei libri preferiti. Un uomo che si eleva al grado di Dio dopo che la vita gli ha riservato più di un colpo basso, per poi cadere in una spirale di autodistruzione causata dell’ego e, infine, risorgere dalle proprie ceneri divenendo uno dei filosofi più influenti del ventunesimo secolo: il viaggio di Iron Mike è davvero imperdibile.
Ogni episodio e aneddoto della sua biografia possano essere tranquillamente incisi in pietra con caratteri dorati per essere lasciati in eredità alle generazioni future, ma una storia rimane la mia preferita. Un po’ di contesto: all’età di 27 anni, Mike Tyson viene arrestato per il presunto stupro dalla reginetta di bellezza Miss Black Rhode Island Desiree Washington.
Nonostante la scarsità delle prove, Tyson è costretto a scontare una pena di dieci anni ma che viene ,fortunatamente, ridotta a tre anni per buona condotta. Durante il suo soggiorno in carcere, Mike ha avuto modo di esplorare il mondo della letteratura. Tra gli scrittori menzionati da lui stesso vi sono: Hemingway, Fitzgerald, Tolstoj, Macchiavelli e Voltaire.
Il Conte di Montecristo: prigione, vendetta e crescita personale
La sua lettura preferita rimane però uno dei romanzi più famosi dello scrittore Alexandre Dumas: il Conte di Montecristo. La trama in due parole: un uomo viene incarcerato ingiustamente. I suoi nemici prosperano mentre l’uomo in questione, Edmond Dantès, rimane inerme a veder passare gli anni della sua vita dietro le sbarre. Edmond non perde tempo e decide di imparare la storia, la letteratura e le scienze dal suo dotto compagno di cella che lo renderà un uomo forte, brillante e capace di ottenere la propria meritata vendetta contro il trattamento subito.
Non è difficile capire perché questo sia il romanzo preferito di Tyson. Posso immaginarmelo: un gigante di cento chili che legge le sventure di Dantès con la schiena appoggiata al cancello della sua cella. In maniera simile a Dantès, Mike Tyson decide di migliorarsi e affrontare la prigione con un forte spirito di stoicismo senza imprecare contro gli dei per il destino avverso ma per rendersi un uomo migliore. Se Dantès non avesse mai messo piede in quella cella, forse la sua vita avrebbe avuto un corso più felice ma è proprio grazie a quell’esperienza che ha avuto modo di viaggiare per il mondo e diventare il famigerato conte dell’isola di Montecristo. Da qualcosa di orribile c’è sempre la possibilità di far crescere qualcosa di buono.
Negatività e pressione
Il desiderio di vendetta è profondamente umano. La rivincita è un tema fondamentale, nonché genesi della giustizia: chi la ottiene è in grado di proseguire nella propria vita; chi non la ottiene è ancorato al passato con un senso di frustrazione tanto grande quanto il suo ego ferito. Ma c’è una terza via: usare tutto quell’odio e rancore per costruire qualcosa che non si interamente negativo. Il passato non può essere cancellato ma il futuro può essere costruito.
Non ha senso perdere la propria vita per un evento negativo. Ma per quanto riguarda chi ha fatto del male per primo? È forse giusto perdonarlo? È forse giusto che prosegua la sua vita normalmente mentre ha distrutto quella di altri? Non è una risposta semplice. A volte si è impossibilitati ad avere giustizia per circostanze al di fuori del nostro controllo. La realtà del mondo è spesso deludente. Ma ciò potrebbe essere un ottimo modo per diventare una persona migliore, il che, già per esso, è un atto di dolce vendetta.
Nelle parole di Edmond Dantès, il Conte di Montecristo: “Servono le sventure per scavare certe miniere misteriose nascoste nell’intelligenza umana; serve la pressione per far esplodere la polvere.”
Nelle parole di Mike Tyson: “God lets everything happen for a reason. It’s all a learning process, and you have to go from one level to another.”