Uno contro cento- l’epoca d’oro, Battle Royale e massacri vari

Consiglio del senpai: se non avete voglia di fare qualcosa, ascoltare una track a caso di Neon Genesis Evangelion. Risultato? Produttività e voglia di trucidare angeli come se non ci fosse un domani.

Sono passati strani eoni in cui persino la morte è morta (semi-citazione di un certo livello) dall’ultima volta che portai un’analisi di Berserk. Oggi non è il giorno in cui la continuerò (nonostante il nome del blog) ma è successo qualcosa che ha riportato la mia giovane mente alla golden age di Berserk: l’età in cui Guts si alleò (più o meno) con il signore supremo signore dell’universo Griffith e la banda dei falchi. Quel ‘qualcosa che mi è successo’ è la lettura del romanzo Battle Royale di Houshun Takami. Cos’è Battle Royale? Per molti di voi il termine non sarà nuovo (soprattutto per chi ha una certa familiarità con gli spara-tutto). La trama in due parole:

Una classe di ragazzi intorno ai quindici anni viene costretta a partecipare ad un crudele gioco: il governo dell’Asia li ha isolati in una isola deserta e ha donato loro ogni più varia sfumatura di armi. Il loro obiettivo è uccidere i loro compagni. Solo una persona può vincere e guadagnarsi la libertà. Da qui, il termine ‘battle royale’: tutti contro tutti con un solo possibile vincitore.

Dal libro è stato tratto anche un meraviglioso film che ha ricevuto le lodi di Tarantino (ininfluente ma almeno faccio un po di pubblicità dato che non lo conosce nessuno… diciamo che semmai Batttle Royale fa pubblicità al mio blog)

Se la trama vi ricorda qualcosa è perché Hunger Games ha la stessa identica trama (al limite del plagio). Solo che Battle Royale è uscito nel 1999 mentre Hunger Games quasi dieci anni dopo. Ovviamente non sto giudicando. Sono entrambe opere che fanno il loro dovere e scrivere qualcosa di interamente originale al giorno d’oggi è pressoché impossibile. Il motivo per cui la trama è stata riscritta è perché funziona. La premessa è irresistibile; la storia è geniale. Tuttavia non è questo il punto. Ciò che mi ha fatto collegare Battle Royale con l’epoca d’oro di Berserk è il famoso episodio di “uno contro cento”. Per chi ha letto Berserk è quasi impossibile dimenticare questa scena. Guts, il nostro eroe, combatte da solo contro cento soldati per difendere Caska.

Guts (non Gatts… il suo nome cambia di versione in versione) non si regola e combatte per otto ore di fila.

Provate a pensare. Un uomo contro cento persone che vogliono ucciderlo. L’unica speranza che ha per respirare ancora è quella di combattere. Questo è vero anche per i quarantadue bambini che sono costretti a uccidersi a vicenda. Non c’è alcuna nobiltà o poesia nel sopravvivere. Qualcuno (la minoranza) riesce a sopravvivere per vedere l’alba di un nuovo giorno. Ora… quello che sto per scrivere potrebbe risultare un filino drammatico: ma non è così anche oggi? Mi spiego meglio: i requisiti per sopravvivere sono decisamente cambiati con il tempo. Non c’è bisogno di essere ‘fisicamente’ forti per vivere; non c’è bisogno di cacciare o sapersi difendere (nonostante possa tornare utile). Cosa significa essere forti, oggi? Cosa significa riuscire a sopravvivere in una società dove abbiamo accesso a qualsiasi cosa ? (magari non è proprio vero in questi ultimi tempi… ma seguitemi).

Credo che il termine ‘battle royale’ e la frase ‘uno contro cento’ si sposi perfettamente con le nostre vite. Riallacciandomi al discorso del sogno di qualche post fa… quanti riescono veramente ad ottenere ciò che vogliono? Quanti possono dire di essere riusciti a fare ciò che si erano ripromessi? Noi viviamo in costante competizione con persone che neanche conosciamo per raggiungere un obiettivo. Non è la stessa cosa? Non siamo in un ‘battle royale’? Quando entri in un ring ne esci come vincitore o come vinto. Stesso discorso per chi entra in un competizione di qualsiasi genere.

Primo principio: tu sei il padrone delle tue azioni e hai il controllo dei tuoi sentimenti.
Secondo: scegli la persona che vuoi diventare
Terzo: dai priorità alle cose più importanti per te
Quarto: Pensa win/win (sotto)
Quinto: Prima ascolta e poi fa in modo di essere ascoltato
Sesto: connettiti con le altre persone
Settimo: segui i passi precedenti, raggiungi i tuoi obiettivi e lavora duramente.
I sette principi in chiave estremamente sintetica.

Tempo fa, ho citato un libro di crescita personale che mi ha aiutato molto a stabilire una routine: “The seven habits of highly effective people”. Uno dei setti principi (‘sette regole per avere successo‘ in italiano… credo che il titolo originale sia un filino più appropriato) recita di pensare win/win. Cosa significa? Pensare di non essere in una competizione. Parlare con il tuo “avversario”, capire le sue paure e i suoi problemi; far capire le tue paure e i tuoi problemi e, insieme, scegliere una soluzione. Covey, lo scrittore del libro, porta numerosi esempi di aziende, di banche, di qualsiasi proprietà (anche di relazioni familiari) che può essere risolta tramite un compromesso che possa soddisfare entrambe le parti. Niente uno contro cento, qui. Solo vincita per entrambe le parti. Questo suona molto bene e ha ragione: il dialogo e un accordo che soddisfi entrambe le parti può essere fantastico. Ma non è il caso quando cerchi di puntare a un obiettivo e avere successo. Qualcuno deve vincere. Qualcuno deve perdere.

Come ho detto prima: entrando in un ring ne esci da vinto o da vincitore. C’è solo bianco e nero senza sfumatura di grigio. Questo vale per il mondo dello sport come per il mondo della scrittura. Solo i forti vincono. Ovviamente, la mia non è una critica. Non sta a me decidere i criteri secondo cui una persona possa essere giudicata forte o meno. Esistono solo i risultati e basta. La prossima volta che criticate qualcuno di famoso che non è bravo nel suo campo (anche io sono colpevole di questo)… ricordatevi che lui ha raggiunto le stelle e noi no (non ancora?)

Io so per certo di combattere una battaglia uno contro cento. Non ho la grinta di Guts ma miro ad essere come lui.

Come sempre questo parallelismo tra manga, letteratura e vita reale mi sta uccidendo. Credo che in futuro mi limiterò a semplici recensioni. Il prossimo post sarà una recensione!

Non di Neon Genesis Evangelion però. Ho l’impressione di dover vedere questo anime minimo altre cinque volte per capire la trama in tutte le sue sfumature. Per il momento dirò che l’ho adorato.

Top narrativa.

Top trama.

Top simbolismo.

Top waifu.

Ehm… ho detto Top Waifu
Non è quella che intendevo
Perfezione

Per il momento, Evangelion occupa il terzo posto nella mia classifica anime/manga. Al primo posto immancabile Berserk e al secondo posto Devilman/ Devilman Crybaby.