Devilman Crybaby rewatch (episodi 1-5)

Devilman Crybaby è stata l’opera che mi ha veramente appassionato al mondo degli anime e dei manga. Una delle creazioni più originali e tragiche che io abbia mai avuto il piacere di sperimentare. Ho visto l’intera serie più di una volta e letto il manga ben più di una volta. A ogni visione e rilettura speravo che le sorti dei protagonisti cambiassero e che, forse, quel ciclo insensato di odio e di violenza cambiasse. Questa, però, non era l’intenzione del geniale creatore Go Nagai.

Ho visto recentemente i primi cinque episodi della serie arrivando a metà dell’opera. Il quinto episodio (Devilman contro Silen per intenderci) è uno dei miei preferiti: la scena di sesso mista a scontro fisico è uno dei momenti più elevati della serie.

Il conflitto mentale dell’umanità di Akira Fudo e la violenza mista a desiderio scaturita dall’unione con il demone Amon producono uno degli scontri più belli della storia degli anime. Ma procediamo con ordine:

Il primo episodio si apre con un piccolo monologo di Ryo: ‘L’amore non esiste….lgià, l’amore non esiste e perciò non esiste neanche la tristezza. O almeno così credevo.’

Ci vengono mostrate due mani intente nel creare qualcosa, plasmando una forma nell’oscurità dello schermo. La voce di Ryo svanisce. Le mani creano luce. Passiamo subito all’infanzia di Akira e Ryo.

Ryo continua il suo monologo spiegando la differenza tra lui e Akira. Ryo è malvisto dalla comunità e non prova pietà o empatia verso gli esseri viventi. Akira è l’esatto opposto: è un bambino dall’empatia così grande che piange ogni volta che qualcuno è triste.

C’è un salto temporale di dieci anni. Ryo corre a tutta velocità sulle autostrade giapponesi.

‘Akira, ho bisogno di te!’ urla a se stesso.

Ancora non sappiamo il motivo.

Sin da subito ci vengono presentati queste due persone che sono agli opposti. Akira era un bambino sensibile e pacifico e tale è rimasto nell’adolescenza. Ryo è un professore in un college americano a 16 anni… ricordiamoci che questo è un anime.

Ryo non ha paura di infrangere la legge e non esita un secondo a reagire se provocato. Ryo si precipita da Akira per richiedere il suo aiuto. I demoni (i veri abitanti del pianeta Terra) si sono risvegliati e hanno intenzione di riprendersi il loro pianeta. Si stanno mischiando nella societa umana ed è impossibile distinguerli. Ryo chiede ad Akira di partecipare con lui al Sabbath, la messa nera in cui i demoni si riuniscono, per poter documentare la loro esistenza e aiutare il genere umano a proteggersi dalla minaccia.

Il sabbath si scopre che è una discoteca in cui sesso, violenza e droghe circolano a fiumi.

In fin dei conti questa è la vera essenza degli umani e non solo dei demoni. I demoni sono attirati dal sangue perciò Ryo comincia a squartare persone indiscriminatamente nella pista da ballo. Il sangue richiama i demoni nascosti nelle forme umane, i quali fanno una strage nel Sabbath uccidendo tutti.

Akira però ha la fortuna di unirsi a un demone. Il suo cuore puro e la sua umanità gli permettono di non essere preda del demone Amon perciò non rinuncia al possesso della sua mente e del suo spirito.

Akira diventa Devilman: un cuore umano dentro un corpo da demone.

Ho riflettuto spesso sulla figura di Akira e il fatto che abbia assimilato i poteri di un demone conservando la sua umanità senza diventare un mostro. Per sopravvivere in questo mondo è indispensabile essere forti e capaci. Per sopravvivere è indispensabile essere dei mostri quando serve… conservando ovviamente un codice morale che ci vieti di essere delle bestie. Akira Fudo era un ragazzo gentile e sensibile (il che è un bene) ma era completamente impreparato ad avere una vita di successo e a farsi valere contro i bulli del quartiere e i pettegolezzi che circolavano nella sua scuola (il che è un male).

Akira ha avuto il coraggio di entrare nel Sabbath dove avrebbe potuto rischiare la vita ma ne è uscito vivo più forte e più saggio.

Non sarà mai più sensibile come prima dato che ha dovuto perdere parte della sua innocenza rendendosi conto di quanto il mondo sia brutale e di quanto i demoni siano pericolosi, ma è riuscito a conservare gran parte della sua identità basata sull’empatia e l’amore per il prossimo.

Essere dei mostri è indispensabile per sopravvivere ma conservare la propria umanità nel processo è altrettanto importante. A volte gli umani sono ancora più disgustosi dei demoni poichè si lasciano sopraffare dalle proprie paure e dalle proprie debolezze mentre i demoni sono creature pure dato che pensano solo ad uccidere e nutrirsi. Per essere davvero forti è indispensabile avere entrambe le componenti che distinguono un demone (forza, ambizione, fame e voglia di vincere) e quelle che dovrebbero distinguere un umano (sensibilità, gentilezza ed empatia)… in sostanza, diventare un Devilman. Indossare colori neri per portare la luce (come Akira) e non il contrario come la sua controparte (Ryo).

Megalo Box e la reincarnazione di Mugen

Niente motiva di più al mondo che un anime incentrato sulle arti marziali: Baki, Hajime no Ippo, Holyland, Shamo, Kengan Ashura… ognuna di queste storie vede la crescita di uno (o più) personaggi tramite un duro allenamento fisico e mentale che lo porta sul ring a misurarsi con i suoi avversari e (cosa più importante) con se stesso. Nonostante Hajime No Ippo sia stato il primo anime a convincermi a indossare i guantoni (grazie Takamura-san), Megalo Box è stata la scintilla che mi ha portato ad avvicinarmi a questo mondo per la prima volta.

Il suo aspetto e la sua filosofia di vita lo rende chiaramente un antenato di Mugen di Samurai Champloo

Megalo Box vede come protagonista Mugen Junk Dog, un megalo-boxer impegnato nella scena dei combattimenti truccati. Nonostante Junk Dog sia un pugile dalle grandi abilità, lui deve vincere o perdere di proposito affinché i criminali ai piani alti possano gestire le scommesse che riguardano i suoi match. Cos’è un megalo-boxer? Un semplice pugile che indossa degli speciali telai robotici nelle braccia affinché i suoi colpi siano più letali. Da questa premessa si intuisce che la storia è ambientata in un mondo futuristico, ma non troppo diverso da quello in cui viviamo noi. Il buon Junk Dog, tuttavia, ha ambizioni più alte e non vuole essere un burattino per sempre. Un giorno J.D (Junk Dog che non deve essere confuso con John Dorian di Scrubs) ha un match con Yur: il vero campione mondiale di Megalo Box.

Mugen, Fuu e Jin studiano una strategia su come battere il prossimo avversario

J.D decide di battersi al meglio delle sue forze fregandosene delle istruzioni dei piani alti… ma finisce per perdere. Tuttavia, Junk Dog si promette di diventare un vero campione di megalo-box lasciandosi alle spalle il suo passato da combattente di bassa lega. Qui comincia la scalata al vertice del mondo del pugilato che porterà Junk Dog, ora conosciuto con il nome di Joe, alla storia. Caratterizzato da una grande colonna sonora, uno stile grafico che richiama a volte gli anni 90 e una storia semplice che si concentra sullo sport, Megalo Box è uno dei migliori anime usciti nel 2018. Oserei persino consigliarlo a chiunque abbia dei pregiudizi sugli anime che hanno uno sport come tema centrale. Il pregio principale di questa opera, a mio modesto avviso, è il fatto che abbia tredici episodi e ogni match si conclude nell’arco di un episodio: la narrazione non viene inutilmente allungata o accorciata con episodi filler del tutto evitabili e questo è un grande punto a favore. Il protagonista J.D. è ben caratterizzato e carismatico: non spiccherà tra i grandi personaggi dell’animazione giapponese ma il suo carattere irriverente e caparbio assicura un posto nel cuore dello spettatore senza troppi sforzi.

Welcome to the NHK

Finalmente sono venuto a conoscenza di un anime che ha come protagonista un hikikomori.

La mia conoscenza al riguardo non è delle migliori. Ho parlato in precedenza di Holyland, un grande manga scritto da Koji Mori (amico di Kentaro Miura, creatore di Berserk), il cui protagonista, Yu, diventa un NEET (neither in employment or in education: una persona che molto spesso non esce di casa e non studia né lavora) per via dei ripetuti atti di bullismo che riceve ogni giorno. La trama di Holyland si concentra sulle arti marziali. Yu decide di imparare i fondamentali del pugilato per difendersi e non scappare più. Purtroppo non molte persone seguono l’esempio di Yu e finiscono per isolarsi sempre di più per un trauma subito (si tratti di bullismo o altro). Spesso questa è l’origine degli Hikikomori: persone che vivono nella propria casa (spesso nella propria camera da letto) e che rifiutano di interagire con il mondo esterno. Facendo una ricerca veloce su google ho potuto tuttavia appurare di avere una cosa o due in comune con gli hikikomori… nonostante non io non abbia preso la decisione di chiudermi in casa.

Non so molto di questo triste fenomeno e non voglio dare false informazioni perciò lascerò perdere l’aspetto psicologico degli ‘hikikomori’ e mi concentrerò a parlare dell’anime ‘Welcome to the NHK’ che ho trovato estremamente divertente, cupo, geniale e agrodolce.

Rappresentazione accurata di me nel primo anno di università. E del secondo. Non del terzo

Tatsuhiro vive rinchiuso nella sua casa a Tokyo da ormai quattro anni. Ha fallito i test per entrare all’università, ma i suoi genitori pagano ancora per il suo appartamento. Non esce mai se non per fare la spesa. Non ha alcune prospettive sul futuro e medita il suicidio nonostante sappia bene che non avrà mai il coraggio di farlo. Il suo vicino ascolta la stessa canzone ventiquattro ore su ventiquattro (e non musica normale ma la sigla d’apertura di un anime per ragazze) ma Tatsuhiro non ha il coraggio di dirgli di abbassare l’audio. Un giorno, una testimone di Geova, assieme a una ragazza di sedici anni, bussa alla sua porta e gli consegna un giornalino (Avete presente? Di sicuro lo avrete letto anche voi qualche volta) in cui viene descritto il fenomeno degli hikikomori e di come possa essere eliminato tramite il potere della comunità o cose del genere. Tatsuhiro urla di non essere un hikikomori e da molte informazioni su di se. Un indizio importante che fa capire come Tatsuhiro non sia proprio abituato a parlare con la gente… e posso simpatizzare. Tatsuhiro chiude la porta ma attira l’attenzione della ragazza che accompagnava la testimone di Geova. Il suo nome è Misaki e si decide a liberare Tatsuhiro della sua condizione di hikikomori tramite sessioni di psicoanalisi completamente amatoriali e improvvisate.

Wow… questo anime sa davvero come farti del male fisico senza toccarti.

Per chi è abituato a essere sempre solo (non è una canzone di Guccini) questo anime sarà piuttosto difficile da digerire. Tatsuhiro riuscirà a migliorare le sue condizioni da recluso, ma la ricaduta nel circolo vizioso creato da porno, anime, videogiochi, paure, insicurezze e traumi del passato è sempre dietro l’angolo (non è un post a favore del NoFap movement, non fatevi strane idee). Un anime che consiglio a chiunque sia pronto per essere travolto da emozioni che spaziano dalla negatività, alla felicità, all’esistenzialismo.

Cosa centra Doki Doki con questo anime? (Il titolo dice così)

Beh… credo che niente esplori meglio un mondo di solitudine, finzione e affetto inesistente come lo faccia Doki Doki Literature Club. La trama di quel gioco è: quattro ragazze perfette si innamorano di te e tu devi scegliere quale vuoi (ovviamente parlo della prima parte). Questo è ciò che vuole (e ciò da cui sfugge disperatamente) Tatsuhiro: affetto e riconoscimento. Non avere queste cose porta Tatsuhiro alla depressione… ma non può mettersi in gioco e provare ad ottenere ciò di cui vuole perché c’è il rischio che possa farsi male. Il caro vecchio dilemma del porcospino.

Samurai Champloo, yare yare daze II, vivere senza rimpianti

Ho buoni ricordi di Samurai Champloo. Correva l’anno 2019 (quindi l’anno scorso, perdonatemi la frase da boomer): dovevo dare il mio primo esame scritto per un corso che neanche mi interessava. Era notte, poco dopo l’una del mattino. Alla mia destra avevo gli appunti della materia da studiare. Alla mia sinistra avevo libri da leggere in qualche modo inerenti alla materia di studio (ero arrivato tardi in libreria e si erano presi tutti i libri migliori) Di fronte a me? Il catalogo Netflix. Dopo aver memorizzato un paio di righe, mi sono arreso e mi sono perso nell’immenso mare degli anime suggeriti dalla piattaforma di streaming. Tra tutti, tre avevano catturato la mia attenzione: Jojo (che alcuni paragonano alla bibbia), Cowboy Bebop (che alcuni paragonano alla Divina Commedia) e Samurai Champloo (dallo stesso creatore di Cowboy Bebop nonostante sia un’opera leggermente meno conosciuta).

Jojo era troppo lungo e le persone che lo citano in continuazione sono insopportabili (ho cambiato idea recentemente, ora sono arrivato a Diamond is Unbreakable).

Cowboy Bebop non mi entusiasmava più di tanto… e lo devo ancora recuperare.

La scelta ricadde su Samurai Champloo. Ancora oggi mi complimento con me stesso per la scelta.

Questo è uno di quegli anime che adori sin dal primo episodio. Ambientato in Giappone in una rivisitazione del periodo Edo (per intenderci, si parla del 1603-1868), Samurai Champloo è un mix di elementi molto diversi tra loro. La soundtrack è hip-hop e lo-fi, estremamente fuori tono con il periodo in cui si svolge la storia: l’idea di Watanabe, il regista, sembra essere quella di mischiare la storia con alcuni elementi del presente. Questo si ripercuote anche sulla caratterizzazione dei personaggi principali sui cui ruota la storia, soprattutto Mugen che ha uno stile di combattimento che ricorda la breakdance e in un episodio in particolare è ossessionato dai graffiti da strada come arte.

La trama è semplice: due samurai vagabondi (che indicherò con il termine di ‘ronin’) vengono costretti con l’inganno da una ragazza a trovare il ‘samurai che profuma di girasoli’. I tre si avventureranno in un viaggio verso il Giappone del periodo Edo alla ricerca dell’enigmatico samurai dei girasoli. I motivi per cui la ragazza desideri così disperatamente incontrare il samurai sono ignoti. Nel loro viaggio, il gruppo dovrà affrontare molte avventure, pericoli e contrattempi. Samurai Champloo è uno di quelle opere in cui la metà non è tanto importante quanto il viaggio. Con il tempo, i tre personaggi (Mugen, Fū e Jin) riveleranno la loro storia e il motivo per cui sono realmente in viaggio. Ognuno dei tre ha un passato problematico che ha modellato il loro carattere.

-Mugen (quello al centro) ha una personalità rozza, dominante, schiva (ma in qualche modo carismatica) e altamente competitivo con un passato da criminale. Ha abbandonato le isole in cui è cresciuto e vive vagabondando. Non rispetta nessuno al di fuori di se stesso.

-Jin (quello a sinistra) è silenzioso, calmo e giudizioso. Ha un grande talento nel combattimento e vive in compagnia della sua spada. Per un’ingiustizia, Jin è costretto ad abbandonare il luogo in cui è divenuto un samurai.

-Fū (quella a destra) costringe Mugen e Jin ad accompagnarla alla ricerca del samurai dei girasoli. Ha un carattere solare e amichevole. Si sa ben poco delle sue reali motivazioni.

Ogni episodio potrebbe dirsi auto conclusivo. È chiaro sin da subito che non è di vitale importanza trovare ‘il samurai che profuma di girasoli’. Ogni episodio avvicina lo spettatore con i personaggi che, a poco a poco, diventeranno suoi amici (cringe, eh?) accompagnandoli in ogni aspetto del loro viaggio. Ventisei episodi in cui non ci sono filler e ogni minuto è speso bene. Arrivato alla fine di questa serie è stato come dire ‘addio’ a delle persone reali. Verso la fine, i protagonisti sono costretti ad affrontare il loro passato e le loro paure che questo viaggio ha posto loro di fronte. Tuttavia, non sempre il finale di una storia coincide con il finale dei protagonisti. La vita va avanti per tutti.

Niente da segnalare riguardo il comparto tecnico. Le animazioni sono fluide e i disegni sono una gioia per gli occhi.

Anime assolutamente consigliato.

La sigla di chiusura di ogni episodio. Una volta completata l’opera, questa canzone avrà tutto un altro significato. Per chi fosse curioso, poi ho passato l’esame (avevo già studiato quelle cose in precedenza).

Devil May Cry- il videogioco non è male, l’anime?

Quanto mi mancano i videogiochi. L’ultima volta che ho giocato a qualcosa è stata l’estate scorsa. Volevo portare con me la playstation da casa… ma ho tanto da fare e temevo che avere una console mi avrebbe solo distratto. Peggiore decisione della storia. Ho molto tempo adesso. Uno dei miei generi preferiti è l’hack ‘n’ slash che significa letteralmente ‘tagliare e squarciare’. Si trattano di giochi in cui esiste una forte componente dedicata al combattimento: Bayonetta, Darksiders, Ninja Gaiden, la vecchia trilogia God of War… dite che non è un hack ‘n’ slash? Kratos letteralmente ‘taglia e squarcia’ per più della metà del tempo che lo osserviamo. God of War III è personalmente il mio preferito. Trucidare un pantheon di dei è il sogno di chiunque. Il God of War nuovo, invece, non mi è piaciuto più di tanto: la storia è bella, la caratterizzazione dei personaggi è credibile e il corso degli eventi è fluido. Cosa manca? Il caro, vecchio Kratos che prima uccideva e poi parlava. Non il Kratos babysitter e Mimir con le sue battute fuori luogo alla Eddie Murphy.

Bellissimo titolo… ma non l’ho percepito come un vero ‘God of War’. Tipo se andassi a vedere al cinema ‘2001 Odissea nello spazio’ e ci fosse scritto ‘diretto da Tarantino’. 2001 è un capolavoro (come il nuovo God of War) ma quando leggo ‘diretto da Tarantino’ mi aspetto qualcosa di diverso e pieno di sangue: stesso discorso con God of War. Ha senso?

Ma immagino che ormai sia diventata una moda cambiare completamente la natura di un videogioco che fa parte di una serie: god of war, assassin’s creed… no, solo questi. Non mi vengono altri esempi. Volevo fare il radical chich ma (grazie al cielo) non ci sono riuscito. Uno di questi giochi hack ‘n’ è stato uno dei primi titoli che acquistai per playstation 3. Il fantastico ‘Devil May Cry 4’: un titolo marchiato con il ferro nel mio cuore. Forse l’ho adorato perché avevo dodici anni ed è stata una delle mie prime esperienze da gamer. Forse l’ho adorato per il sistema di combattimento e gli enigmi. Forse l’ho adorato per il simbolismo religioso. Un titolo fantastico che mi ha fatto affezionare a Nero e Dante, i protagonisti della serie. Ho accolto con sorpresa il fatto che avessero prodotto una serie anime dal videogioco. Ho iniziato a vedere la serie con tutti i pregiudizi del mondo (solitamente videogiochi, cinema e serie televisive non vanno proprio d’accordo), ma mi è piaciuto veramente tanto. Ecco cosa ne penso:

La trama di Devil May Cry la conoscono quasi tutti: il figlio del leggendario demone Sparda e l’umana Eva è un investigatore privato che possiede l’agenzia investigativa ‘Devil May Cry’. Il suo nome è Dante e il suo compito è quello di trovare e uccidere i demoni. Ovviamente, la stragrande maggioranza di persone non è minimamente a conoscenza che il mondo sia popolato da demoni e l’agenzia di Dante è sempre vuota sempre sull’orlo del fallimento economico. Dante è sempre al verde e vive la situazione con distacco emotivo, sempre con la battuta pronta e una personalità tenebrosa e affascinante. In più di un’occasione il buon Dante mi ha ricordato Dylan Dog per questo aspetto. La somiglianza con i due, però, finisce qui. Dante è un grande pistolero e sa maneggiare la spada (no pun intended), difensore dei più deboli e con un discreto successo con il sesso femminile. L’anime non ha una vera e propria trama: lo spettatore osserva Dante destreggiarsi nelle varie missioni che gli vengono proposte con sporadici attimi di pausa per ammirarlo nelle situazioni quotidiane. I personaggi sono ben scritti e ci numerose interazioni con Lady (una cacciatrice di demoni alleata di Dante introdotta in Devil May Cry 3) e Trish (un demone dalla forma femminile): entrambi personaggi originali della serie che stringono l’occhio ai fan di lunga data. Avendo solo giocato al quarto, conoscevo solo Trish. Tuttavia la serie ha un arco completo con un inizio e una fine e non c’è alcun bisogno di aver giocato alle fonti originali per capirci qualcosa.

Dante: il carismatico rubacuori abile con la pistole intento a studiare una strategia per massacrare l’ennesimo demone.

Le animazioni, la colonna sonora, la storia e le relazioni tra i personaggi sono più che buone. Un prodotto assolutamente consigliato per chi volesse perdersi in una storia di ‘cacciatori di demoni’ senza troppe pretese. Dodici episodi che scorrono come l’acqua: non è male per un binge-watching. Ovviamente, però, il cuore dell’universo di Devil May Cry risiede nei videogiochi e chiunque voglia conoscere affondo Dante (e Nero… praticamente un Dante 2.0) è caldamente consigliato di giocare alla fonte originale.

Rascal Does Not Dream of Bunny Girl Senpai- un titolo come un altro

Avete presente quando non avete idea di cosa vedere e sfogliate il catalogo Netflix (o Crunchyroll) per decine di minuti senza risultato? Un anno fa, quando ho usufruito della prova gratuita di Crunchyroll mi sono imbattuto in questo anime dal titolo lungo quanto l’intero capitolo di un manga. Rascal Does Not Dream of Bunny Girl Senpai: recensito a pieni voti, trama a sfondo harem, protagonista in un costume da coniglietta playboy. Questo anime tratto da una serie di light novel catturò subito la mia attenzione. Se devo essere onesto, però, credevo fosse un hentai e ciò ha influenzato molto sul fatto che lo vedessi.

Lo vidi un anno fa. L’unico motivo per cui me ne sono ricordato adesso è la spettacolare sigla di chiusura che accompagna la fine di ogni episodio. Qualche volta youtube mi consiglia queste piccole perle. Ho rivisto i primi due episodi. È incredibile come sia curata la caratterizzazione dei personaggi in un anime a sfondo romantico e harem. Non che non esistano buoni anime a sfondo romantico, ma la mia conoscenza a riguardo è limitata: ho visto Toradora (meh… carino, dai) e Your Name (bellino, ma non mi ha catturato molto). Di sicuro, Rascal Does not Dream of Bunny Girl Senpai (che da adesso abbrevierò in Bunny Senpai) mi è piaciuto di più.

Partiamo dalla trama: un liceale di nome Sakuta incontra l’attrice prodigio Mai in una libreria affollata. Per una ragione ben precisa Sakuta è l’unico che riesca a vedere Mai, la quale è invisibile agli occhi delle altre persone. Mai, per inciso, indossa un costume da coniglietto. I due parlano per qualche secondo e si scopre che frequentano la stessa scuola e sono entrambi dei lupi solitari senza troppi amici. Una volta a scuola, Mai indossa finalmente la sua uniforme scolastica e le persone intorno a lei possono vederla nuovamente. Sakuta decide di investigare su questo strano fenomeno.

Una cosa che adoro dei protagonisti introversi è che non si fanno troppe domande quando vedono qualcosa di fuori dalla norma.

Sakuta scopre ben presto che Mai è affetta dalla ‘sindrome dell’adolescenza’: un particolare effetto negativo che si manifesta quando una persona è pervasa da sentimenti negativi. Mai è stata sotto i riflettori sin da un giovane età, e tutta Tokyo è cosparsa di poster e pubblicità con la sua faccia stampata sopra: riconosciuta ovunque andasse, Mai desiderava intensamente di non essere più riconosciuta e passare inosservata. In un certo senso il suo desiderio si è avverato. Ora, in certe occasioni, Mai è completamente invisibile agli occhi di chiunque. Ma non finisce qui: le persone non solo non riescono a percepirla fisicamente ma si scordano anche della sua esistenza e della sua carriera di attrice. Sakuta non fa fatica a capire questo fenomeno, poiché è accaduto anche a sua sorella minore, Kaede: vittima di bullismo online, il suo stress ha innescato la ‘sindrome dell’adolescenza’ e il suo corpo si è ricoperto di tagli e ferite.

Una grandissima metafora su quanto possa essere complicato il periodo dell’adolescenza a livello psicologico ed emotivo. Grazie a Dio che quel periodo è finito per me (recentemente, ma è finito). A chiunque manchi il liceo deve per forza essere uno psicopatico. Comunque sia, l’anime non è solo drammi psicologici. Sakuta cercherà un modo per guarire Mai dalla sua ‘malattia’ e, con il tempo, i due formeranno un rapporto d’amicizia che si trasformerà in amore. Nella sua esplorazione nel contrastare la ‘sindrome dell’adolescenza’, Sakuta incontrerà molte ragazze affette dalla stessa malattie ma con sintomi estremamente differenti: da qui, l’elemento harem (uno speciale genere in cui il protagonista principale è circondato e conteso da una moltitudine di ragazze). Tuttavia, qui, l’elemento harem ha un senso e le relazioni che allaccia con ogni ragazza servono ad evidenziare il suo rapporto speciale con Mai.

Estremamente divertente ed elevatamente originale per il genere a cui appartiene, Bunny Senpai è un anime che farà riflettere. Non tutte le storie che rappresentano un amore adolescenziale sono banali e Bunny Senpai ne è la prova. Non giudicatelo dal titolo.

The promised neverland- nanananananana

Questo anime mi è stato raccomandato da un amico (e con ‘amico’ intendo una persona anonima in un forum in cui non sono neanche iscritto) che definiva questo anime come il nuovo Death Note. Dopo aver visto tutte e dodici gli episodi in una notte, posso confermare che non è affatto vero. Si… ci sono dei giochi mentali. Si… i protagonisti non sono maggiorenni e sono dei geni (come nel novanta percento degli anime). Non che abbia troppo in comune con Death Note eccetto, forse, la qualità della scrittura.

Tipici eroi di un anime: poco più alti di un metro, minorenni e geni psicopatici

La premessa dell’anime è fantastica: ci troviamo in un allegro orfanotrofio dove bambini dai primi mesi fino a dodici anni convivono pacificamente. L’atmosfera è idilliaca: tutti sono amici di tutti, la loro educazione si svolge nelle mura dell’orfanotrofio e i bambini hanno tanto libero per giocare all’aperto e per fare amicizia. Sono cresciuti da ‘Mamma’, una tutrice fantastica che pensa solo al benessere dei bambini. In questo scenario, conosciamo i tre bambini più grandi: Norman, Emma (si… è una ragazza, quella al centro) e Ray. I tre spiccano subito nella folla dei bambini per via delle loro personalità e abilità:

-Norman è un bambino prodigio che riesce a risolvere ogni genere di enigma. Dallo spiccato quoziente intellettivo e dal carattere pacato, Norman è il genere di bambino a cui non sfugge nulla. Il suo fisico gracile, tuttavia, gli impedisce di essere riconosciuto come atleta.

-Emma, oltre ad essere una versione femminile di Melodias, ha una personalità estroversa ed esuberante. Ottime doti intellettive e atletiche. Il suo principale difetto è quello di essere troppo ingenua.

-Ray, lo stratega che assomiglia vagamente a Sasuke. Ray potrebbe essere considerato come un mix tra Emma e Norman: un piccolo genio con una grande resistenza al lavoro fisico. Bravo negli scacchi, e nella costruzione di nuovi oggetti Ray è probabilmente il più attivo dei tre.

Uniti da una grande amicizia, i tre sono quasi sempre insieme. Un giorno molto triste per l’orfanotrofio Grace Field: Connie, una bambina di sei anni, deve lasciare la casa. Finalmente è stata adottata. Quando ‘Mamma’ accompagna Connie al cancello dell’orfanotrofio, Emma e Norman si accorgono con errore che Emma ha dimenticato ‘Little Bunny’ (il suo giocattolo preferito) all’interno dell’orfanotrofio. Emma e Norman corrono per consegnare Little Bunny a Connie. Varcano il cancello e trovano un furgone. Confusi, i due cercano Connie per consegnare Little Bunny. Incuriositi dal furgone, i due guardano dentro solo per trovare il cadavere di Connie.

Beh… non è più così importante consegnarle ‘Little Bunny’, no? Emma e Norman si nascondono sotto il furgone quando sentono dei rumori sinistri. Vedono la loro ‘mamma’ parlare con dei mostri (che i bambini chiameranno demoni). Capiscono che l’orfanotrofio è una copertura: ‘mamma’ ha il solo compito di allevare i bambini per darli in pasto ai mostri. Emma e Norman scappano senza essere visti ma lasciano ‘Little Bunny’ dietro di loro. Adesso ‘Mamma’ sa che qualcuno dei bambini dell’orfanotrofio (o per meglio dire dell’allevamento) sa del segreto ma non sa di chi si tratta. I bambini, d’altro canto, decidono di non divulgare l’informazione a tutti: d’altronde ‘Mamma’ è molto amata e non tutti crederebbero a questo scioccante plot-twist. Norman ed Emma rivelano il segreto a Rey e, insieme, troveranno un modo per scappare senza però rivelare a ‘Mamma’ che loro sanno di essere semplice mangime. Molti giochi mentali (da qui posso capire il paragone con Death Note) e molta ansia in un anime che mischia generi diversi tra cui: horror, distopia, mistero, fantasy e gore. Molte domande. Ottima prima stagione.

Sto leggendo il seguito del manga (sono arrivato alla fine dell’arco dedicato a Goldy Pound) e non delude minimamente. Assolutamente consigliato.

Training arc II- il mio e quello di Midoriya

Il tema di Hank Moody motiva come poche cose al mondo. Californication è uno dei miei anime preferiti!

Come ho accennato nel post precedente riguardante il mio training arc e quello di Tanjiro, ho un ritmo di scrittura che sto cercando di rispettare ogni giorno. Senza essere troppo fiscale, miro alle 1500 parole al giorno. Non importa cosa scrivo: appunti per lo studio, questo blog o narrativa. L’importante è che lo faccio. Qualche volta, come oggi, mi sento particolarmente stacanovista e ho deciso di sforare.

Sarà perché sono stato ispirato dal tema musicale di Hank Moody.

Sarà perché ho finito di leggere Ham on Rye di Bukowski per l’ennesima volta.

Ecco un post leggero e senza pretese che da qualche delucidazione sul mio training arc. Innanzitutto, la maggior parte dei manga ha un ‘training arc’: ovvero quel capitolo dedicato alla crescita dei personaggi principali tramite duro allenamento. In questo post ho deciso di accostarmi a Midorya di My Hero Academia: un ragazzo che sogna di diventare un eroe ma che è nato senza poteri (ne ho parlato ampiamente negli articoli precedenti). Un giorno Midorya ha l’occasione di ribaltare la situazione grazie all’incontro con il suo idolo, All Might (per gli acculturati, Oromighto). Inizia così il suo duro allenamento fisico per diventare degno di ereditare il One for All.

Ho già usato questa immagine, ma è la mia preferita. Empatia a mille.

Mi piace definire la mia routine quotidiana come una specie di ‘training arc’ del tutto personalizzato. Studio, scrittura, esercizio fisico e lavoro. Nel post precedente dedicato a me e Tanjiro (il protagonista di Demon Slayer), ho condiviso la mia prima storia breve che ho pubblicato in un giornalino gallese… niente di importante, ovviamente (quella rivista letteraria la conosceranno in cinquanta persone). Qui, ho deciso di condividere un’altra mia storia (in inglese) che non ho mai avuto il coraggio di inviare a un editore.

Così… tanto per.

Volevo condividere l’incipit del mio primo romanzo di due anni fa… ma ho deciso di dare questa storia al suo posto. Perché? Perché mi serve per una cosa molto segreta per un torneo Tenkaichi letterario segretissimo (chissà quale sarà…) In realtà l’avevo pubblicato ieri mattina, ma l’ho cancellato recentemente. Avere un traffico medio di tre followers aiuta in questi casi!

Comunque sia… ecco la storia breve. Solo per chi è interessato dato che non è il contenuto principale del blog. Il titolo è ovviamente un riferimento a Silent Hill 2. Non ci ho mai giocato. Però la soundtrack è fuori da questo mondo.

Heaven’s Night

I can see the neon lights turn on, then off, then on again. The “t” seems to have a problem or two: it is slightly brighter than the others. This is the kind of place you think exists only in the movies.

Heaven’s Night

I carefully observe my reflection in the dark glass of the building. Two frozen lakes under a cascade of blonde hair like gold. The neon lights shine through my red gold chain strap sequin plunge Bodycon dress by Armani.  It is so tight I can barely breathe. I am wonderful. More than wonderful. I am divine. Too divine to be in a queue.

I am just a beginner. There is time…

Maybe I like what I see too much so I look elsewhere. The music changes. The pretty girl in front of me screams, moving her hands in the air at the rhythm. Her not-so-pretty friend timidly joins her.

I would be timid too if I looked like that.

The doors open and we are suddenly allowed to check out the inside of Heaven. You can see the red lights caressing the completely white surface of the dancing floor. A topless girl, as tall as you would think God is, swallows a shot in front of a group of guys and she spits the liquid on them. Her white high heels are of the same color as her skin. The boys in the group punch each other fighting for her saliva. The girls in front of me giggle and they breach Heaven.  They disappear into Nothingness. Music changes.  The doors are closed once again. I am next.

“Who are you?” asks the man who I reasonably think is the bouncer. His ponytail and his cheap perfume make me think he is a bum.  

“Whatever you want me to be,” I tell him biting my lips.

“You look like 13.”

“So, what? Not young enough for you?”

“ID.”

I giggle as I say, “I don’t need one.”

“And why is that?”

I raise my left hand so he can see the mark. I have a smile that is projected just slightly above my elbow.

J

“I am with Mainyu.”

The bouncer doesn’t act too surprised as he opens the doors of Heaven for me.

“How much flesh is there going to be?” I ask with a smile. I didn’t want to talk to a bum like him but then I remembered that quote from that writer ‘If you want to see the true measure of a man, watch how he treats his inferiors.’ I am so kind. I want to see his face illuminated by the kind words of a goddess. 

 He does not answer. My laugh dies on my face.

Why is he not laughing?

I hate him. I wish he would die in front of me.  I am having difficulties to breathe as he is watching me without any expression of intelligence in his eyes. I’d gladly give my life to make him suffer. I would love to plunge my nails into his throat and drink his blood. But, I don’t. Instead, I say:

“See you on the other side!”

The doors are finally open. It’s my turn in Paradise now. The music increases its pace. I know the song. It is an old remix of the even older song “I don’t care anymore” by Jim Collins. Instead of the guitar, there are bongos.

You even wrote a song to show the world you don’t care about your divorce.

“SO FULL OF HAPPY THOUGHTS AS ALWAYS…” A hard-body with tinted blond hair wearing a black side-buttoned notched–collar wool jacket and a fitted cashmere turtleneck grabs my waist.

“WHY DID YOU MAKE ME QUEUE, MAINYU?”  I shout to him and Phil Collins as he directs me away from the crowd. 

“Oh-oh-oh!”

“Oh-oh-oh, WHAT?” I ask irritated.

“Oh-oh-oh, look at you! You just entered the industry and you already want the special treatment! You really have some guts, doll!”

“I AM BETTER THAN ANYONE ELSE! YOU SAID THAT!”

“SAVE IT FOR LATER, LILITH!” he interrupts me. I bit my lips hard enough to make them bleed. “I WANT YOU TO MEET THE OTHER MEMBERS OF THE SABBATH!”

“ARE THEY MODELS TOO ?!”

He doesn’t answer. Why does he not answer me? The world is unfair and I am the biggest victim of all.

“Oh-oh-oh!”

“Shut up! I thought we were friends!” I scream.

We reach the bar counter. I am on the verge of saying I need a drink, but I suddenly think that there are going to be plenty of them at the lounge. I just hope the people there know who I am.  The music changes into a remix of The Demon Dance by Julian Winding. I love that song and the world suddenly appears to be a little more colorful.  Once again, I have faith in life despite the horrible way people treated me.

As I try to forget the traumatic experience I have been through, we go upstairs and a bouncer who wears a Searls leather biker jacket and a Tobago patched jeans in blue waves bend the knee as he sees Mainyu. I get a little excited. It makes me wonder how long should I wait before people do that for me too.

Before entering the lounge Mainyu touches my shoulder. I can see the mass of people clubbing just beneath me. I grin. The lights of Heaven Night change color at the rhythm of the music. Blue. Red. Blue. Red. Blue. This is mine. This is all mine.

“This is not yours yet. Try to make a good impression,” he whispers to me as the Demon Dance begins to fade.

“This is our opportunity to make it big. You want to be a real model, don’t you?”

“I would do anything,” I whisper back passing the tongue on my lips.

“This is what I am talking about.”

The bouncer steps back and lets us enter. All I see is black.

“Are you food or sex?” someone asks me as I enter. Mainyu is just behind me. I try to reach his hand but he pretends not to notice.

“Christ! Refn! Can’t you see she is a girl?”

“So? There is a 50 percent chance…”

Heaven’s Night. All I see is light.The neon lights show the symbol of Mainyu all over the place. The smile. I can see them. Not entirely. The man wears a Ted Baker Tailored Fit Black Dress Suit. Short. Pair of glasses. New York’s accent. Maybe Hebrew?

The woman wears a Lani Dress as black as the color of her skin. Now it is red. Now is blue. Now is red again.

“I am not a girl,” I mutter.  I hate myself because I don’t sound confident enough.

“That’s obvious. Girls do not wear sequin plunge Bodycon…”

I can sense my own insecurity. I am better than them. They are beneath me. The entire world is beneath me. Even God is beneath me. I should not feel this way. Mainyu laughs as he introduces me.

“She is Lilith. She is going to be the next big star.”

The woman smiles at me, “First Sabbath?” she asks.

“But not last,” I reply as Mainyu tells me to sit just next to the man called Refn. I know him. The entire west coast knows who he is.

“Nice,” he mutters as he fills four glasses with Champagne Dom Pérignon  Rosé directly from the gift box in the limited edition released in 2005. I take my glass. I press my lips on the top the glass and I observe the print of my lipstick.

Damn, I realize with shock. I am avoiding eye contact.

“Now, just to make everything clear…” Mainyu says. “We have 20 minutes for the feast. The doors will be completely closed. The walls are soundproof. Lilith will stay with me. She is a first timer. Refn and Miki will be together. We will meet again outside. Doubts?”

No one says a word. I try to drink my champagne when Refn stops me. He shows me a pill in the palm of his left hand.

“Are you sure you want to club without Devi-Devi?”

I take the pill muttering a weak, “Thank you”. 

“Just swallow it with a sip of champagne,” Miki tells me gently. “Just like a medicine.”

She is treating me like a daughter. I am doing it all wrong. I do as she says. My eyes roll. I take my hand to my mouth. It is not that bad. It’s colorful just like my future. It’s tasteless just like the animals dancing beneath us.

“Look at her face! She is like a doll! I love you!” Refn screams.

“I love you too!”

The others do the same. Mainyu, Refn, and Miki take the pill. At first, I don’t notice a single change. Then, my heart begins to race. The music begins to be even louder than before. Boom. Boom. Boom. The rhythm is unbearably fast-paced. The lights of Heaven’s Night are now red and red only. I look at Mainyu and he smiles at me. The masses of flesh beneath us continue screaming at the music.

“Are we having a party or something?” Refn suddenly asks. He swallows half of the Dom Pérignon bottle as he stares at the people. Then, he jumps from the lounge. I see Miki reaching him jumping into the heart of the crowd. I wonder what the flesh is thinking right now. I wonder how do they feel now that divinities left the Mount Olympus to join them in their miserable fun.

Now there is just me and Mainyu.

“Do you think I made a good impression?” I ask visibly worried. There is my future at stake.

“It’s too early to tell,” he says. “But I can tell Refn likes you. He has a thing for girls who didn’t even have their periods.  Just like everybody else. Well, now that I think about it everyone likes you.”

“Perfect,” I whisper relieved.

The people beneath us continue screaming. However, their scream is quite different from before. It has more passion. More fear. More visceral.

“More ‘passionate’ I would suggest. Art always comes from suffering. Beauty always comes from sacrifice. Never forget that, doll.”

All those screams. All that red. All that music. I can’t stop myself anymore. I need it. I need to be part of the Sabbath.

“Shall we go?” Mainyu knows who I am right now. I wish I could say the same for me.

“Yes,” I say. “And Mainyu?”

“What?”

“Thank you for this but don’t make me stand in a queue ever again.”

He smiles. No wonder his symbol is literally a smile. As I join the Sabbath I officially become part of Heaven’s Night

Prison school…yare yare daze

Credo di aver dato l’impressione di essere una persona troppo seria nei post precedenti. Parlare di perseveranza, manga, letteratura (anche i manga sono letteratura, come direbbe Natsuki) e di come mi abbiano aiutano a mantenere un certo controllo nella mia vita… va bene. Tuttavia, a volte credo di non sottolineare abbastanza il fattore ‘intrattenimento’ che gli anime offrono. Ecco quindi un glorioso post su Prison School. La prima commedia che mi ha fatto davvero ridere.

‘I manga sono letteratura, non credi anche tu?’

Già dalla prima immagine in questione numerosi dubbi possono emergere. Sintetizzerò il tutto in una semplice domanda: è un hentai?

No, non preoccupatevi. I vostri purissimi occhi possono restare tali. Non è un hentai. Si tratta di una commedia squisitamente ecchi: opera dai contenuti sessuali provocatori ma mai espliciti come l’immagine sopra. La trama è tanto accattivante quanto assurda (anche per gli standard dell’animazione giapponese). Un gruppo di cinque amici sono gli unici ragazzi in un liceo del tutto femminile. Mossi dall’impazienza, i cinque escogitano un piano che permetta loro di spiare le ragazze mentre fanno la doccia (un classico delle commedie all’American Pie). Qualcosa va male e i cinque vengono scoperti. L’associazione studentesca decide di dare loro un ultimatum: lasciare la scuola o continuare a frequentarla sotto i lavori forzati. Infatti, il preside decide di costruire una piccola prigione all’interno della scuola dove i cinque verranno trattati come prigionieri per un mese sotto il vigile controllo delle carceriere dell’associazione studentesca.

Beh… ci sono senza dubbio punizioni peggiori che essere sorvegliati da loro.

I cinque amici verranno maltrattati, picchiati e degradati dalle ragazze nel consiglio studentesco che si occupano della prigione. Però… a loro sembra piacere. I protagonisti del manga hanno chiaramente un’ossessione per il BDSM.

Comunque sia, la visione dell’anime è un’esperienza unica nel suo genere. Non ci sono solo espedienti narrativi e comici che giocano sull’erotismo. I cinque protagonisti condividono una grande amicizia e i valori della caparbietà e della perseveranza in una situazione avversa fanno da punti cardine in questa opera geniale. Ogni personaggio è caratterizzato in maniera unica: nonostante tutti i ragazzi provino una grande passione per le figure femminili e tutte le ragazze trovino gli uomini insopportabili, ognuno di loro possiede una propria individualità.

Da sinistra verso destra abbiamo:

-Joe, un tizio che indossa sempre un cappuccio e sputa sangue per un problema di afta. Joe è il più debole fisicamente del gruppo e ha una grande passione per le formiche.

-Shingo, un teppista la cui passione per una ragazza in particolare darà gravi problemi al gruppo.

-Kiyoshi, il protagonista. Di tutti, è l’unico che ha un filino di orgoglio e non si lascia punire senza motivo dalle carceriere. Sarà il protagonista di una storia d’amore assieme ad un’altra ragazza del liceo… dato che lui si trova in ‘prigione’ dovrà escogitare un metodo per fuggire e vederla.

-Gakuto, il vero protagonista. La mente del gruppo con uno straordinario senso del dovere e del sacrificio. Ogni frame con lui è oro colato. Ogni piano che porterà i cinque più vicini alla libertà sarà partorito dalla sua mente geniale. Peccato sia anche la preda pi abita dal corpo studentesco (non in senso romantico…lo ammazzano di botte dalla mattina alla sera).

-Andrè… bello Andrè. Il più grande fisicamente ma dall’animo gentile.

Ogni interazione del gruppo farà si che lo spettatore (o il lettore) simpatizzi con loro. Un difetto però potrebbe essere visto nella caratterizzazione dell’associazione studentesca. Le tre studentesse vogliono a tutti i costi liberare la propria scuola dall’influenza maschile e per farlo saranno pronte a tutto. Però i loro personaggi mancano di quella caratterizzazione geniale che contraddistingue la controparte maschile.

Comunque sia, un anime davvero consigliato. Io ho avuto fortuna di vederlo a cavallo tra Devilman Crybaby e Neon Genesis Evangelion (due opere davvero ottime ma pesanti e tragiche da un punto di vista narrativo). Non è stato male poter respirare con l’atmosfera senza pensieri di Prison School, un anime tratto dal manga di Hiramoto.

Akira Hiramoto, sei il più grande umorista nel panorama fumettistico giapponese insieme a Go Nagai.

One punch man e la teoria delle diecimila ore

Il mio legame con quest’opera non è mai stato così forte come adesso. Le palestre sono chiuse e tutto ciò che mi resta è l’allenamento a corpo libero. Ciò che mi serve è una scheda che faccia lavorare ogni muscolo del corpo. Avrei potuto cercare informazioni su internet OPPURE fare il weeabo e prendere ispirazione dagli anime. Inutile dire che ho scelto l’opzione che tutti avrebbero scelto.

100 piegamenti! 100 crunches! 100 squats e 10 chilometri di corsa! Ma sei impazzito, Saitama? Vuoi che io perda ogni grammo di massa muscolare che ho? E il tuo piano nutrizionale? E gli esercizi per la schiena? E le spalle? Non credo neanche per un secondo che tu riesca a uccidere ogni nemico con un singolo pugno dopo un allenamento così leggero. Tuttavia, non ho molte opzioni al momento e lavorare sul cardio potrebbe essere un’ottima scelta per adesso. Ormai è da due settimane che seguo l’allenamento di Saitama con qualche piccola differenza: 100 sollevamenti alla sbarra e corsa ogni 3 giorni, consumando circa 2200 calorie al giorno. Sarà un buon piano? Non lo so. Non so niente di queste cose. Do per scontato che questo sia meglio che non fare niente. In più, il buon Mike Tyson non aveva il sollevamento pesi nella sua scheda ma faceva solo allenamento a corpo libero. Come Saitama? Quasi: 2000 crunches, 500 push ups, 500 dips e 500 shrugs al giorno. Beh… si vede che anche lui come Saitama voleva scoprire cosa volesse dire essere forti e uccidere una persona con un pugno.

Tuttavia, non è questo il punto. One Punch Man, come si può evincere dal titolo, parla di un uomo, un eroe, che riesce a vincere ogni battaglia con un singolo pugno. Nessun conflitto. Nessun dramma. Ogni volta che compare il prossimo dominatore dell’universo, il buon Saitama compare e gli sferra un pugno. Fine della minaccia. La premessa era estremamente intrigante. Uno dei motivi principali per cui l’ho guardato era per capire come la storia sarebbe proseguita. Voglio dire… negli anime c’è sempre un tizio che si allena duramente per sconfiggere un nemico molto forte. Vince e un altro nemico compare (guarda caso un nemico che è leggermente più forte di quello precedente)… e cosi via. Non mi credete? Guardate la struttura di Dragonball Z:

-I sayan fortissimi arrivano. I guerrieri Z si allenano e i sayan vengono sconfitti!

-Freezer, l’imperatore dell’universo, è la minaccia più terribile che sia mai apparsa. Goku si allena e lo sconfigge.

-Cell è forte. Goku si allena. Gohan lo sconfigge (qualcosa cambia).

-Majin Bu è forte. Tutti si allenano. Goku lo sconfigge.

One Punch Man salta tutto questo dramma per focalizzarsi su altro. Saitama è troppo forte. Si annoia. Ma non è stato sempre così. Non è sempre stato un eroe. Una volta era un impiegato. Dopo essere stato licenziato si rende conto che da bambino non voleva essere un impiegato ma un eroe indistruttibile (il mondo di One Punch Man è sempre sotto attacco di un mostro improbabile).

Tipo questo. Un tizio che è diventato metà granchio perché ne ha mangiati troppi.

Saitama decide allora di dedicarsi anima e corpo nel realizzare il suo sogno e diventare un eroe ‘per divertimento’. Si allena ogni giorno al solo scopo di scoprire il vero significato della parola ‘forza’. Nonostante le persone intorno a lui non vedano di buon occhio i suoi allenamenti, lui riesce a perseverare e grazie alla sua forza di volontà riesce finalmente a ottenere la forza che tanto desidera. Nel post precedente, avevo parlato di meta-racconto: nonostante One Punch Man non possa essere definito come meta-racconto, è interessante notare come la vita del creatore della serie abbia numerosi punti in comune con il personaggio Saitama.

Il creatore della serie (ONE… no serio, si chiama così) pubblicò i primi disegni del web manga sul suo blog e non ottennero molto successo. Alcune persone gli consigliarono di lasciar perdere. Tuttavia, il disegnatore Yusuke Muruta fu impressionato dallo humor della storia e decise di entrare in partnership con One: Murata avrebbe disegnato e One avrebbe creato la storia.

A destra: il disegno originario di One. A sinistra: una squallida imitazione.

Il punto, secondo me, è che One si sente vicino al suo personaggio: entrambi hanno delle capacità in quello che fanno; entrambi sono anche sottovalutati dal loro pubblico. Nell’avanzare della storia, Saitama prenderà sul personale il fatto che non è conosciuto. Nonostante faccia l’eroe da quasi tre anni (e sia il più forte) nessuno riconosce il suo valore. Saitama dice più e più volte di fare l’eroe per divertimento e che non ha bisogno di approvazioni… Tuttavia, non è quello che diciamo tutti? Anche io dico di scrivere per divertimento (altrimenti non lo farei) ma essere riconosciuto per ciò che si fa è sempre una grande fonte di soddisfazione. Stessa cosa per tutte le altre passioni. Saitama è già forte: non è questo il dramma del suo personaggio (qualcosa che io non posso dire per me stesso) ma vuole essere riconosciuto come eroe esattamente come One voleva essere riconosciuto come artista. Entrambi sono riusciti nel loro intento, infondendo speranza a persone come me. Il punto di entrambi è che con la giusta determinazione e duro allenamento ognuno può raggiungere quello che vuole.

Questo ci porta alla teoria delle diecimila ore: lo psicologo Anders Ericsson illustrò la teoria secondo la quale ognuno può raggiungere il successo sfruttando diecimila ore di lavoro in un singolo campo. Ad esempio anche una persona negata per la cucina come me, secondo la teoria, potrebbe diventare il prossimo Gordon Ramsey. Recentemente questa teoria è stata in parte smentita. L’idea è che la parte della perseveranza e della quantità di tempo non è sbagliata, ma la qualità è un altro fattore da non sottovalutare. Se io mi allenassi a tirare un gancio per dieci ore e lo facessi in modo sbagliato per tutte e dieci le ore, non avrei imparato nulla se non la tecnica sbagliata. Work smarter don’t work harder, come dice… Vegeta? Non lo so. Comunque mi pare che questo sia un consiglio prezioso.

E del talento, allora? Cosa si dice del talento? Può il duro lavoro battere il talento? Può Rock Lee battere Gaara? Può Midorya essere il nuovo All Might? O questo è solo un leitmotiv degli anime? Non lo so, altrimenti avrei risolto un dilemma che perseguita la comunità scientifica da anni.

Mi sento di citare un aneddoto letto in The seven habits of highly effective people; un libro di crescita personale che consiglio caldamente.

In questa scuola ci sono due classi di bambini: una è considerata la migliore, l’altra è considerata la peggiore. La scuola decide di investire più tempo sulla classe migliore. Però (come spesso accade negli aneddoti) accade qualcosa: c’è un piccolo errore tecnico e il maestro che avrebbe dovuto insegnare nella classe migliore va in quella inferiore e viceversa. Gli alunni vengono trattati in maniera del tutto diversa in entrambi i casi: i bambini della classe peggiore (considerati per sbaglio quelli della classe migliore) ricevono tutti gli elogi e le cure possibili mentre i bambini della classe superiore (considerati per sbaglio quelli della classe peggiore) vengono trascurati e criticati.

Una volta che si sono resi conto dell’errore, i bambini della classe inferiore avevano registrato i voti più alti e quelli della classe superiore quelli più bassi.

Ciò può voler dire molto come le circostanze possano aiutare un talento a svilupparsi come a distruggersi. Il modo migliore per raggiungere un obiettivo sarebbe quello di creare una mentalità forte e non arrendersi. Nonostante sembri una frase fatta, non arrendersi di fronte alle difficoltà può essere un’esperienza positiva per il proprio cervello: anche se non dovessimo raggiungere il successo, potremmo essere sempre in pace con noi stessi per aver dato del nostro meglio. Può non sembrarlo ma mollare è molto più doloroso che proseguire con fatica in una visione a lungo termine. Avete mai pensato se Stephen King, Bukowski, Alì o altri avessero rinunciato lungo la via per il successo? (E tutti loro avevano un buon motivo per farlo).

Mah… sembra che io stia parlando sempre delle stesse cose in circolo. Il punto è che grazie a Saitama mi sento anche io un eroe.

Prima stagione dell’anime consigliata. Mi manca la seconda stagione, ma a giudicare dalle recensioni non è proprio il massimo. Probabile che mi recupererò il manga.