Vinland Saga: hate and forgiveness

Is it really possible to change as a person? Can a human being animated by pure hatred and revenge become a pacifist? Vinland Saga was a pleasant surprise. After watching The Northman for the fifth time, I was obsessed by revenge stories. One of the first results on Google was Vinland Saga, a manga set in the Viking era. The plot was as simple as the one depicted in The Northman. A kills B and C seeks revenge for B with the clear intent of killing A. It is no coincidence that most of the stories featuring Vikings are about revenge. One of the most important deities of the Norse mythology is represented by Víðarr who embodies the very concept of revenge.

The god Víðarr will fight in the Ragnarǫk, the end of the world, and his task will be to avenge his father Odin. Revenge is the best tool to preserve honour and ego: it is not just something entirely negative. Hurting those who committed a crime is nothing but justice. Fearing retaliation for committing an injustice also has the function of stopping a crime before it happens.

“Brushwood grows and high grass

widely in Vidar’s land

and there the son proclaims on horseback

his eagerness to avenge his father”

If we did not pay for the crimes committed, how many of us would be guilty of the most serious offenses? A lot of us. And if we talk about justice, wouldn’t the concept of “forgiveness” perhaps be an affront to the victims? How could it be possible to forgive someone who has done a serious crime to you or to someone you care about? A theft, a violence, a humiliation, a murder? It could be argued that the old and dear concept of “an eye for an eye” can only lead to more despair and hatred, which would lead to a new act of retaliation, in an endless cycle of revenge. You really have to be an incredibly strong (or incredibly weak) person to let go of your revenge fantasies and focus on the future.

Vinland Saga: justice, revenge and honour

This is the riddle of Thorfinn, who saw his father die at the hands of a mercenary for no apparent reason. Thorfinn lets anger and hatred take over and he meditates revenge towards his father’s killer. He is only  six year old but he begins his training. Askeladd, his father’s killer, seeing potential in him, makes him a proposal: join his army, prove his worth in battle, and earn the right to face him in a duel to avenge his father. Thorfinn doesn’t intend to cut Askeladd’s throat in his sleep. That would not be honourable: he must avenge his father by honestly winning in a duel. And this is how young Thorfinn begins his apprenticeship under the command of his father’s killer.

“The strongest lives and the weakest die” become his new mantra and he acts accordingly, joining the Danes and raiding the cities of Great Britain. Until, by a fortuitous circumstance, his desire for revenge is stolen from him. This causes it to become an empty shell. Without revenge, Thorfinn is nothing. From there, he begins his journey towards healing, but it is never entirely possible to escape from the past (a very dear theme even to the latest God of War which, not surprisingly, deals with Norse mythology). Perhaps it is impossible to be non-violent in such a world.

Vinland Saga is a highly recommended manga that comes close to the moral ambiguity of Berserk and Vagabond.

Vinland Saga, perdono o odio?

È davvero possibile cambiare come persona? Può un essere animato da puro odio e vendetta diventare un pacifista? Vinland Saga è stata una piacevole sorpresa. Dopo la quinta visione di The Northman avevo sete di storie di vendetta. Uno dei primi risultati su Google è stato Vinland Saga, un manga ambientato nell’era dei vichinghi. La trama era tanto semplice quanto quella di The Northman. A uccide B e C cerca vendetta per B con il chiaro intento di uccidere A. Non è un caso se la maggior parte delle storie che hanno per protagonisti i vichinghi hanno come tema il regolamento dei conti. Una delle divinità più importanti è rappresentata da Víðarr che incarna il concetto stesso di vendetta.

“Fra cespugli cresce, ed erba alta,

la terra di Viðarr, e fra boscaglie;

là si farà il fanciullo, a dorso di cavallo, abile,

per vendicare il Padre.”

(Dal Canzoniere Eddico)

Il dio Víðarr prenderà parte al Ragnarǫk, la fine del mondo, e il suo compito sarà quello di vendicare il padre Odino. Non esiste nulla come la vendetta per salvare il proprio onore e il proprio ego. Ma la vendetta non è solo un qualcosa di interamente negativo. Fare del male a coloro che hanno fatto del male alla fin dei conti non è altro che giustizia. Temere una rappresaglia per aver commesso un’ingiustizia ha altresì la funzione di stroncare un crimine prima che esso possa nascere.

Se non si pagasse per i reati commessi, quanti di noi si macchierebbero delle colpe più gravi? Sospetto in molti. E se si parla di pagare per un torto subito, il concetto di “perdono” non sarebbe forse un affronto per le vittime? Come potrebbe essere possibile perdonare qualcuno che ha recato una grave offesa a un proprio caro? Un furto, una violenza, un’umiliazione, un omicidio? Si potrebbe controbattere che il vecchio e caro concetto di “occhio per occhio” possa portare solo più disperazione e odio, il quale porterebbe a una nuova rappresaglia, in un ciclo di vendetta senza fine. Si deve essere davvero delle persone incredibilmente forti (o incredibilmente deboli) per lasciare le proprie fantasie di vendetta e concentrarsi sul futuro.

Questo è l’enigma di Thorfinn, il quale ha visto il padre morire per mano di un mercenario senza alcun motivo apparente. Da bambino sorridente e amabile, Thorfinn lascia che la rabbia e l’odio prendano il sopravvento e medita vendetta. È solo un bambino di sei anni ma comincia il suo allenamento. Askeladd, l’assassino di suo padre, vedendo del potenziale in lui, gli fa una proposta: unirsi al suo esercito, dimostrare il proprio valore in battaglia, e guadagnarsi il diritto di affrontarlo in un duello per vendicare suo padre. Perché Thorfinn non intende tagliare la gola ad Askeladd nel sonno. Non sarebbe onorevole: deve vendicare suo padre vincendo onestamente in un duello. Ed è così che il giovane Thorfinn inizia il suo apprendistato sotto il comando dell’assassino del padre.

“Il più forte vive e il più debole muore” diventa il suo nuovo mantra e agisce di conseguenza, unendosi ai Danesi e razziando le città della Gran Bretagna. Fino a quando, per una circostanza fortuita, il suo desiderio di vendetta gli viene rubato. Ciò lo fa diventare un guscio vuoto. Senza vendetta, Thorfinn non è nulla. Qui inizia il suo cammino verso la guarigione, ma non è mai interamente possibile sfuggire dal passato (un tema molto caro anche all’ultimo God of War che non a caso tratta della mitologia norrena). Forse è impossibile essere dei non violenti in un mondo del genere. Un manga assolutamente consigliato che si avvicina all’ambiguità morale di Berserk e Vagabond.

Thorfinn di Vinland Saga, Mushashi di Vagabond e Guts di Berserk intorno a un fuoco parlando delle proprie cicatrici. Grazie a chiunque abbia creato questo video (The MMV Maker).

Il principe nell’alta torre – Una riflessione su The Northman

Il cinema è diventato un santuario per me. Ci vado dalle cinque alle sette volte alla settimana e rigorosamente di sera intorno alle 21:00. C’è qualcosa di estremamente confortevole nello sprofondare nella poltrona del cinema, guardare 10 minuti di pubblicità ogni volta (tanto che a volte mimo con le labbra le parole dei vari spot) e perdersi nel mondo creato da qualcuno tanto insoddisfatto dalla realtà quanto me. Forse l’abbonamento da 20 euro che comprende un’entrata al cinema al giorno per un mese ha fatto di certo la sua parte. Alcune volte vado in sala anche quando non c’è nulla che mi interessi solo per non sprecare un giorno dell’abbonamento.

A volte, questa strategia, mi ha fatto scoprire dei bellissimi gioielli come Nostalgia di Mario Mortone, che probabilmente non avrei mai visto se avessi dovuto pagare un biglietto intero. Altre volte, me ne sono pentito amaramente come nel caso di Memoria: uno dei più grandi sprechi di cellulosa che esistano. È un po’ come giocare ad azzardo: a volte vinci e a volte perdi. E a volte fai jackpot, il colpo della vita. Questo è ciò che mi è capitato guardando The Northman per cinque volte in sala, alzando da solo l’indice di incasso totale in Italia del 50%.

The Northman: odio e ancora odio

La trama di The Northman è quanto di più semplice possa esistere. Nell’anno 895, il re Aurvandill Corvo di Guerra torna al suo regno dopo una sanguinosa battaglia che lo ha visto vincitore. Aurvandill si ricongiunge con il figlio Amleth e la regina Gudrún, sua moglie. Il re si rende conto di essere prossimo alla morte e decide di preparare Amleth al suo destino come futuro re. Un giorno, Fjölnir, fratello di Aurvandill, tende un’imboscata al re e a suo figlio: il suo obiettivo è la corona ed è disposto a uccidere persino suo fratello per prenderne possesso. Aurvandill muore per mano di Fjölnir ma Amleth riesce miracolosamente a fuggire. Dopo aver ucciso il fratello, Fjölnir si insedia nel regno prendendo con la forza la regina Gudrún come moglie.

Per sfuggire al trauma che lo ha perseguitato riesce a ripetere solo il mantra: “Ti vendicherò, padre. Ti salverò, madre. Ti ucciderò, Fjölnir.”

Gli anni passano. Amleth privato del suo regno si è unito a una banda di saccheggiatori e guerrieri Berserkr e passa il suo tempo a depredare villaggi e venderne gli schiavi ai principali mercati dell’Occidente e dell’Oriente. L’odio e la sete di vendetta per ciò che ha subito tormentano i suoi sogni fino a quando non gli si presenta l’occasione di tenere fede al giuramento.

La crociata di Amleth diventa così la crociata dello spettatore che diventa testimone di un mondo brutale e violente e che non può fare a meno di immedesimarsi con Amleth. Il concetto di vendetta (giustizia) è profondamente radicato nel cuore dell’essere umano. Chiunque, almeno una volta nella vita, ha sognato di potersi vendicare nei confronti di un torto subito (o presunto tale). Questo genere di storie è viscerale. Non a caso, The Northman è ispirato dalla stessa storia che ispirò Shakespeare nella scrittura di Amleto (non a caso, il protagonista si chiama Amleth). Il racconto in questione venne ispirato da Saxo Grammaticus, uno storico danese vissuto nel XIII secolo.

Ma le storie che ruotano intorno alla vendetta di un torto subito si possono ritrovare agli arbori della civilizzazione. In conclusione, la vendetta e la violenza fanno parte del nostro retaggio ancestrale. Ed è uno dei motivi per cui un film così brutale, semplice e primitivo riesce a far breccia nell’immaginario collettivo di (quasi) ogni persona che abbia avuto il piacere di vederlo nelle sale. Il finale, inteso come un meraviglioso lieto fine in cui l’eroe si guadagna il suo posto nel Valhalla, è una dei momenti più commoventi e catartici della storia del cinema e di tutti i media. Non si parla della ricerca del perdono, di cercare uno scopo nella vita dopo l’affronto subito o andare avanti.

Si parla di vendetta come giustificazione divina per mantenere il proprio onore. Un concetto tanto semplice quanto rivoluzionario. Lontano dalla giustificazione morale di Old Boy, The Last of Us II o, per rimanere nel tema dei vichinghi, The Vinland Saga, The Northman è forse uno dei pochi film quest’anno che non ha avuto paura di piegarsi all’opinione del pubblico.