Un altro venerdì. Un altro fine-settimana in cui sopravvivere. Come ogni venerdì degno di questo nome, esco dalla mia palestra, mi preparo qualcosa da mangiare, metto in ordine i miei appunti, accendo la mia Playstation 4 e metto qualche gioco comprato in offerta il giorno prima. Questa volta è il turno di Shadow of the Colossus, un remake di un gioco molto più anziano, comperato al modico prezzo di dieci euro. A dire la verità, avevo già sentito parlare di questo titolo nella mia esistenza. Difficile non conoscere la fatica di Team Ico anche quando non ho vissuto a pieno la generazione della Playstation 2.
Un capolavoro di videogioco a detta di alcuni. Una rottura di palle con una bella grafica a detta di altri. Lasciandomi alle spalle le opinioni di queste persone, mi addentro nella Forbidden Land con il protagonista Wander (nome meraviglioso) insieme al suo cavallo Agro e al cadavere della principessa Mono(noke). Non avrei di certo saputo che avrei sconfitto 6 colossi in meno di dieci ore (lo so, è tanto, ma io sono uno di quelli che esplora la mappa in lungo e largo per osservare i panorami).

Non parlerò della grafica meravigliosa che accompagna il giocatore in uno degli scenari più belli che il mondo dei videogiochi abbia mai presentato. Non parlerò della struggente e semplice storia d’amore che porta Wander a intraprendere un viaggio tanto epico quanto solitario.
Parlerò, invece, della perseveranza di Wander nella sua impresa contro i sedici colossi sotto la lente d’ingrandimento dell’opera di Sun Tzu, l’Arte della Guerra. Mi spiego meglio. Nel post precedente, ho spiegato come l’Arte della Guerra mi abbia aiutato a fare luce su alcuni elementi determinanti per il successo di una persona che a me ovviamente mancano (un saggio su come vincere e sottomettere i propri avversari scritto da un generale militare cinese del VI secolo A.C.)
Cosa centra questo con Shadow of the Colossus? Probabilmente nulla. Tuttavia, nel percorrere le lande desolate della Forbidden Land con l’unico suono degli zoccoli di Agro a penetrare il suolo e il fischio del vento a muovere le sabbie del deserto, ho avuto un paio di momenti per pensare a come Shadow of the Colossus possa essere interpretato come un inno alla persevaranza e all’egoismo umano.
Non ho trovato nulla di nobile nell’impresa di Wander, ma ho percepito in lui una determinazione e una forza di volontà che raramente si trova nelle persone (ma mi rendo conto che è un videogioco?). Per vincere la sua guerra, per ottenere il suo obiettivo (non farò spoiler, ma la trama di Shadow of the Colossus la sappiamo tutti, non è vero?) Wander dovrà sconfiggere sedici colossi, ognuno, presumibilmente, più forte di lui. L’intero gioco è diviso in due blocchi principali: trovare il Colosso grazie al raggio di una spada che ha la stessa funzione di una bussola e, infine, uccidere il Colosso.
Una parte di pura introspezione in cui Wander è immerso nei suoi pensieri insieme al giocatore che, nel frattempo, è immerso nei suoi di pensieri. Una parte di azione in cui Wander, una volta trovato il Colosso, elabora una strategia per ucciderlo.
Il gioco ha pochi dialoghi e la storia è ridotta all’osso. Wander, l’eroe solitario, farà qualsiasi cosa per uccidere i Colossi. Ciò che mi ha colpito di più è la perseveranza e la calma che animano le azioni del protagonista.
Da qui, tre delle regole dell’Arte della guerra presenti in Shadow of the Colossus:
- Conosci te stesso:
Wander non ha neanche il bisogno di capire a fondo questa frase. Il suo amore per Mono lo porterà dentro al cuore delle Forbidden Land. Conoscere se stesso, in questo caso, è conoscere il tuo desiderio.
- Il generale non deve combattere se il suo cuore è animato dalla rabbia:
Trasformare la rabbia in perseveranza. Non ha senso provare rabbia e tristezza per la morte di Mono. Nel suo mondo, esiste un modo per riportare in vita i morti. Ciò è abbastanza per Wander per sopprimere le proprie emozioni e portare avanti un’impresa tutt’altro che nobile.
- Gli esperti nell’arte della guerra inducono a combattere e non fanno mai la prima mossa:
Questa è un pò forzata considerando che i colossi non sono essere umani ma delle entità antiche che non sembrano nemmeno interessate ad attaccare Wander ma solo a difendersi. Tuttavia, l’anti-eroe di questa storia (controllato dal giocatore), osserva come il suo avversario si muove sul campo di battaglia, lo induce all’attacco scoccando una o due frecce e, presumibilmente, elabora una strategia che possa portarlo più vicino all’abbraccio di Mono… sono lacrime queste?

Detto ciò, posso sicuramente affermare di aver forzato ogni singola regola di Sun Tzu in questo piccolo, grande capolovoro di videogioco che meriterrebe una remaster per ogni generazione di console. Ecco, invece, un’altra massima che vale la pena di ricordare, la mia preferita:
- Con ordine, affronta il disordine; con calma, affronta l’irruenza. Questo significa avere il controllo del cuore.
Forse, se Wander avesse seguito il consiglio di Sun Tzu, avrebbe potuto evitare di far nascere la dinastia dei bambini con le corna che abbiamo imparato a (non) conoscere in Ico.
