Samurai Champloo, yare yare daze II, vivere senza rimpianti

Ho buoni ricordi di Samurai Champloo. Correva l’anno 2019 (quindi l’anno scorso, perdonatemi la frase da boomer): dovevo dare il mio primo esame scritto per un corso che neanche mi interessava. Era notte, poco dopo l’una del mattino. Alla mia destra avevo gli appunti della materia da studiare. Alla mia sinistra avevo libri da leggere in qualche modo inerenti alla materia di studio (ero arrivato tardi in libreria e si erano presi tutti i libri migliori) Di fronte a me? Il catalogo Netflix. Dopo aver memorizzato un paio di righe, mi sono arreso e mi sono perso nell’immenso mare degli anime suggeriti dalla piattaforma di streaming. Tra tutti, tre avevano catturato la mia attenzione: Jojo (che alcuni paragonano alla bibbia), Cowboy Bebop (che alcuni paragonano alla Divina Commedia) e Samurai Champloo (dallo stesso creatore di Cowboy Bebop nonostante sia un’opera leggermente meno conosciuta).

Jojo era troppo lungo e le persone che lo citano in continuazione sono insopportabili (ho cambiato idea recentemente, ora sono arrivato a Diamond is Unbreakable).

Cowboy Bebop non mi entusiasmava più di tanto… e lo devo ancora recuperare.

La scelta ricadde su Samurai Champloo. Ancora oggi mi complimento con me stesso per la scelta.

Questo è uno di quegli anime che adori sin dal primo episodio. Ambientato in Giappone in una rivisitazione del periodo Edo (per intenderci, si parla del 1603-1868), Samurai Champloo è un mix di elementi molto diversi tra loro. La soundtrack è hip-hop e lo-fi, estremamente fuori tono con il periodo in cui si svolge la storia: l’idea di Watanabe, il regista, sembra essere quella di mischiare la storia con alcuni elementi del presente. Questo si ripercuote anche sulla caratterizzazione dei personaggi principali sui cui ruota la storia, soprattutto Mugen che ha uno stile di combattimento che ricorda la breakdance e in un episodio in particolare è ossessionato dai graffiti da strada come arte.

La trama è semplice: due samurai vagabondi (che indicherò con il termine di ‘ronin’) vengono costretti con l’inganno da una ragazza a trovare il ‘samurai che profuma di girasoli’. I tre si avventureranno in un viaggio verso il Giappone del periodo Edo alla ricerca dell’enigmatico samurai dei girasoli. I motivi per cui la ragazza desideri così disperatamente incontrare il samurai sono ignoti. Nel loro viaggio, il gruppo dovrà affrontare molte avventure, pericoli e contrattempi. Samurai Champloo è uno di quelle opere in cui la metà non è tanto importante quanto il viaggio. Con il tempo, i tre personaggi (Mugen, Fū e Jin) riveleranno la loro storia e il motivo per cui sono realmente in viaggio. Ognuno dei tre ha un passato problematico che ha modellato il loro carattere.

-Mugen (quello al centro) ha una personalità rozza, dominante, schiva (ma in qualche modo carismatica) e altamente competitivo con un passato da criminale. Ha abbandonato le isole in cui è cresciuto e vive vagabondando. Non rispetta nessuno al di fuori di se stesso.

-Jin (quello a sinistra) è silenzioso, calmo e giudizioso. Ha un grande talento nel combattimento e vive in compagnia della sua spada. Per un’ingiustizia, Jin è costretto ad abbandonare il luogo in cui è divenuto un samurai.

-Fū (quella a destra) costringe Mugen e Jin ad accompagnarla alla ricerca del samurai dei girasoli. Ha un carattere solare e amichevole. Si sa ben poco delle sue reali motivazioni.

Ogni episodio potrebbe dirsi auto conclusivo. È chiaro sin da subito che non è di vitale importanza trovare ‘il samurai che profuma di girasoli’. Ogni episodio avvicina lo spettatore con i personaggi che, a poco a poco, diventeranno suoi amici (cringe, eh?) accompagnandoli in ogni aspetto del loro viaggio. Ventisei episodi in cui non ci sono filler e ogni minuto è speso bene. Arrivato alla fine di questa serie è stato come dire ‘addio’ a delle persone reali. Verso la fine, i protagonisti sono costretti ad affrontare il loro passato e le loro paure che questo viaggio ha posto loro di fronte. Tuttavia, non sempre il finale di una storia coincide con il finale dei protagonisti. La vita va avanti per tutti.

Niente da segnalare riguardo il comparto tecnico. Le animazioni sono fluide e i disegni sono una gioia per gli occhi.

Anime assolutamente consigliato.

La sigla di chiusura di ogni episodio. Una volta completata l’opera, questa canzone avrà tutto un altro significato. Per chi fosse curioso, poi ho passato l’esame (avevo già studiato quelle cose in precedenza).