Era il 2006. All’epoca avevo 9 anni e frequentavo la quarta elementare. Non era un bel periodo della mia vita. Vivevo in una cittadina lontano da casa. Mi sentivo solo. Non avevo nessuno con cui parlare. I giorni erano grigi e trascorrevano allo stesso modo: sveglia, scuola, sport, studio e così via. Immagino sia una routine comune per un bambino di quell’età. Le giornate erano così identiche che non riuscivo neanche a distinguerle.
Ma in fondo a questo grigiore senza fine, c’era una luce. Avevo la Playstation 2 e una pila di giochi ereditata dal mio vicino di casa, oltre che alla mia scorta personale. Un titolo tra tutti spiccava. Silent Hill II è un nome che è comparso spesso in queste pagine. Difficile trasmettere le emozioni che provai per la prima volta. Ero confuso, spaventato, disorientato. Non avrei descritto quel gioco come una bella esperienza.
Le lunghe camminate per le strade di Silent Hill immerse nella nebbia più fitta, i mostri dall’aspetto sin troppo umano e la natura brutale e sessuale di alcune scene, mi facevano percepire una forte sensazione di disagio e, a volte, di sporcizia. Un’ulteriore conferma di come Konami abbia svolto un lavoro magistrale nel dipingere un quadro psicologico di una tale complessità.
Non capivo perfettamente la storia. Non afferravo i chiari riferimenti a Carl Jung e David Lynch. Una cosa avevo capito: un tizio cercava la moglie morta in una cittadina piena di mostri. E la trama, almeno all’apparenza, è proprio così.
James Sunderland riceve una lettera da Mary, la moglie deceduta tre anni prima a causa del cancro, che lo prega di tornare e incontrarla a Silent Hill, la città che simboleggiava il loro “posto speciale”. Confuso, James parte alla volta della città ma, una volta giunto, non trova più l’idilliaca Silent Hill di cui conservava un caro ricordo.

Qui tutto è marcio, devastato e abitato da creature, mostri disgustosi ed esseri umani. Nel suo viaggio verso questo inferno, James incontrerà diverse persone. Prima tra tutte è Angela Orosco, una ragazza mentalmente instabile dallo stato emotivo profondamente danneggiato dalle continue violenze sessuali subite dal padre e dall’abuso psicologico della madre.
Silent Hill: purgatorio e ombre del passato
Con il proseguire della trama, James incontra Eddie Dombrowski, un ragazzo in forte sovrappeso che ha avuto gravi problemi di autostima a causa del bullismo. Qui si comincia a percepire qualcosa che non va.
Come mai tutti gli esseri umani che James incontra sono indifferenti al caos che regna a Silent Hill? Perché nessuno è preoccupato dall’avanzare dei mostri deformi che compaiono in ogni luogo della città? Un ulteriore interrogativo viene sollevato quando James incontra Laura, una bambina di 8 anni senza genitori che vaga liberamente per le strade di Silent Hill.
Come si scoprirà, Laura era amica di Maria, la moglie di James, ed è venuta a Silent Hill apposta per vederla di nuovo. Qui c’è decisamente qualcosa che non va. Sembra quasi che i personaggi si muovano in una differente versione di Silent Hill e che questa città richiami un certo tipo di persone.
Una delle spiegazioni più comuni è che Silent Hill ha la funzione di un purgatorio, un luogo in cui chiunque non sia riuscito a superare un forte trauma viene costretto ad affrontarlo. Un purgatorio mutaforme che assume l’aspetto delle paure e delle frustrazioni dell’individuo.

James si sente ancora in colpa per la morte della moglie e non riesce a liberarsi della sindrome del sopravvissuto. Ogni mostro che incontra è pregno di significati allegorici sessuali. Ad esempio mannequin, forse simbolo dell’immaginario collettivo di Silent Hill, un esempio della chiara frustrazione sessuale di James quando Mary lottava contro il cancro. O Pyramid Head, il mostro senza volto che prende con la forza ciò che vuole. Il personaggio di Maria è altresì degno di nota. Maria è la copia fisica di Mary, ma il suo carattere è completamente diverso. Maria è la spogliarellista di Heaven’s Night di Silent Hill. Maria potrebbe rappresentare lo sdoppiamento di personalità di Mary, nonché il desiderio di James.
Ancora in quella città
Cosa dire? Silent Hill II è un viaggio nella profondità della psiche umana che non lascia indifferenti. Non mi stupisce che un gioco talmente pieno di metafore, odio, traumi e redenzione mi donasse una sensazione di sporcizia da bambino.
Il viaggio di James lo porterà finalmente alla verità, al “posto speciale” condiviso con Mary. Sei sono i finali disponibili. Nessuno è canonico. Io posso semplicemente parlare del finale che ho avuto nella mia run che ho completo per la prima volta (non ho mai finito il gioco da bambino) pochi mesi fa. Il finale è intitolato Leave: James ha l’occasione di affrontare il suo passato una volta per tutte e parla con sua moglie per l’ultima volta. James lascia finalmente Silent Hill con Laura. Ha guadagnato il diritto di elaborare il trauma e di abbandonare la città. Silent Hill ha un’anima in meno da tormentare.
Sono grato di aver avuto accesso a questo finale: gli altri epiloghi hanno avuto uno sviluppo decisamente più tetro da quello che ho letto. Eppure, una parte di me sarà sempre legata a quella città. Forse ho abbandonato Silent Hill per il momento. Ma a volte riesco a vederla nei miei sogni. James ha compiuto il suo viaggio. Per me credo che ci voglia ancora un po’.
Ma non mi dispiace.
Nel bene o nel male, io sono ancora a Silent Hill.