Tokyo Revengers, criminalità e il sogno di una vita migliore

Ho iniziato a leggere Tokyo Revengers in piena pandemia, periodo che ha coinciso con l’ultimo anno dell’Università che frequentavo in Galles. Non è stato un momento particolarmente felice per me. Ero rimasto l’unico studente nella casa in cui vivevo. Tutti i miei amici, due per la precisione, erano tornati dalla loro famiglia. E io ero rimasto completamente solo: il mio unico contatto umano era con la cassiera del supermercato Morrison del quartiere.

Sarei potuto tornare in Italia anche io ma non ho mai provato amore nel posto in cui ho passato la mia infanzia e adolescenza. A quel tempo, la solitudine mi logorava e aveva trovato il modo di farlo anche in Galles. In quel periodo, tutti i traumi subiti all’epoca avevano cominciato a riempire i vuoti corridoi della mia mente. Quando sei completamente solo e senza svaghi sei quasi costretto ad affrontare ciò che non hai risolto nella tua vita. Ed ecco perciò che avevo preso l’abitudine di scrivere su due diario: uno per il presente ed uno per il passato.

Nel diario del passato volevo scrivere e rivivere con più nitidezza e dettagli possibili i ricordi che mi tormentavano (forse non proprio una strategia vincente); nel diario del presente volevo focalizzarmi sui progetti futuri, sullo stato d’animo del momento e cercare di capire come gli eventi della mia storia abbiano plasmato il mio essere. Lo so: non avevo davvero un cazzo di meglio da fare.

Ma questo esercizio mi si è dimostrato piuttosto utile e, dopo una settimana o giù di lì, ho capito una cosa: il me stesso del diario del presente era una diretta conseguenza di quello del passato. Ho vissuto, almeno la prima parte della mia vita (1-18 anni) quasi come uno spettatore, una vittima degli eventi, senza aver anche solo pensato di essere nella cabina di comando. Quello è stato il periodo più difficile da mettere su carta. A volte non riuscivo a trovare le parole giuste. A volte smettevo di scrivere e facevo 100 piegamenti a terra.

Takemichi, protagonista di Tokyo Revengers, viene massacrato (adesso spiego tutto…)

Inutile dire che non sia stato un bel periodo. Dopo i 18 anni e il mio trasferimento a Londra le cose sono andate meglio. Non ho nulla da rimproverarmi. In quel momento ho iniziato davvero la mia vita, che ha subito un piccolo arresto a 23 anni, e che è ricominciata a pieno regime subito dopo. Anche adesso che ho 26 anni la vita non è male e ci sono più alti che bassi.

 L’unico pensiero che avevo dopo aver completato quel piccolo diario del passato è stato solo uno: “vorrei tornare indietro nel tempo”. A volte lo penso ancora. Avrei voluto agire di più, fare scelte differenti e avere ricordi più belli. Purtroppo tutto ciò non è possibile: non si può cambiare il passato.

Takemichi di Tokyo Revengers non si regola e diventa uno dei protagonisti più iconici degli shonen

Il tempo è una freccia che va solo in avanti. Tutto questo giro di parole per dire che la storia di Takemichi Hanagaki di Tokyo Revengers è subito risuonata con le mie esperienze e con una delle mie fantasie più grandi: cambiare il passato. E ora andiamo direttamente alla trama: Takemichi è un 26enne sfigato con un lavoro che disprezza e un’esistenza alquanto effimera. Un giorno, alla televisione, scopre che la sua fidanzata delle medie, Hinata Tachibana, è morta durante un attentato della Tokyo Manji Gang, un’associazione criminale del fitto sottobosco malavitoso di Tokyo che si era formata proprio nel periodo in cui lui frequentava la scuola.

Takemichi che non si arrende dopo essere stato gonfiato di botte da mezza Tokyo

Dopo essere stato spinto contro un treno in corsa alla stazione, Takemichi scopre di non essere morto ma bensì di essere tornato nel passato, per la precisione al periodo delle medie in cui bazzicava con una gang di aspiranti teppisti a 13 anni. E, come in un film, ricorda tutto ciò che accaduto: I suoi continui scontri con le altre gang e la sua completa sottomissione da parte di un gruppo di bulli più grandi che ha minato completamente la sua autostima.

Tuttavia, adesso, forse, c’è un modo per rimediare ad una vita di soprusi e tristezza. Takemichi scoprirà di avere il potere di tornare indietro nel tempo grazie al contatto fisico con Naoto Tachibana, fratello di Hinata, che nel presente è un poliziotto con il desderio di salvare la sorella, ex fidanzata di Takemichi, dalla morte per mano della Tokyo Manji Gang.

Takemichi ha adesso una seconda possibilità nella sua vita: salvare la ragazza che ama e cambiare la personalità inetta che ha costruito negli anni. Ma salvare Hinata non sarà così semplice. Takemichi ripercorrerà le tappe salienti che hanno reso la Tokyo Manji Gang una delle organizzazioni criminali più forti e crudeli di sempre e lo farà dagli inizi: dalla creazione della gang fin dagli anni delle medie. Dovrà destreggiarsi tra risse, violenza e soprusi per salvare la sua ragazza e costruirsi un nuovo domani.

Ed ecco che inizia la storia di Takemichi: da vittima di bullismo a membro di una organizzazione criminale. Un uomo di 26 anni che vive nel corpo di un tredicenne che ha l’occasione che tutti almeno una volta nella vita abbiamo disperatamente cercato: cambiare il passato. Le premesse dei primi volumi sono fantastiche. I personaggi sono spettacolari: dal capo della Tokyo Manji Gang, Manjirō Sano, con il sogno di costruire una nuova era della malavita, fino a passare al suo braccio destro, Draken e per finire con i componenti secondari delle altre bande.  L’abilità di disegno del mangaka Ken Wakui è seconda solo al suo sublime intreccio narrativo.

Tuttavia, nel corso dei volumi, la storia comincia a perdere la sua grinta, fino ad arrivare ad uno dei finali più scontati della storia della narrativa. Ma la prima parte, soprattutto per chi, come il sottoscritto, è ossessionato dalla criminalità e dai viaggi nel tempo, rasenta il capolavoro che illustra uno spaccato (seppure tutt’altro che realistico) della delinquenza giovanile giapponese. Vedere l’ossessione, la voglia di rivalsa e la perseveranza di Takemichi mi hanno commosso.

Scontro tra gang per stabilire chi è il più forte: Mobius vs Toman Manji Gang

 Tutti possono cambiare e non è mai troppo tardi. Dubito che molti di noi avranno il lusso di tornare indietro nel tempo. Tuttavia, possiamo imparare dal passato e vivere un presente migliore. Come voto oggettivo questo manga rasenta a malapena il 7 e mezzo, ma da un punto di vista personale non posso fare altro che dargli un 9 e mezzo. Grazie per la bellissima storia, Ken Wakui.

Cultura bosozoku

Ultima considerazione: lo stesso Ken Wakui faceva parte di una gang durante la sua giovinezza ed è stata l’ispirazione per la Tokyo Manji Gang. Per la precisione, nel manga si parla della cultura bosozoku: una sottocultura giovanile giapponese collegata alla customizzazione di motociclette che era talmente violenta da far talvolta invidia alla Yakuza. I primi bosozoku erano ex-veterani di guerra che non riuscivano ad accettare la perdita del Giappone nella Seconda Guerra Mondiale e che sfrecciavano ad alta velocità con le moto nelle strade nipponiche. Le bande bosozoku sono diventate famose negli anni ’80 ed erano composte da liceali ribelli.

I bosozoku sono stati protagonisti di numerosi manga e film. Tra i più celebri: Akira, Shonan Jonai Gumi e Tokyo Revengers. In Occidente possiamo paragonare opere come Sons of Anarchy e The Bikeriders.