Guts vs Griffith, Devilman vs Satan, battaglie perse e scendere a compromessi

Uno dei motivi principali per cui adoro Guts come personaggio è il fatto che rappresenti l’incarnazione della perseveranza e della forza di volontà umana contro un destino crudele e ingiusto.

Guts si scontra letteralmente contro una divinità maligna e indifferente al genere umano. Sta combattendo contro la casualità soffrendo ogni singolo giorno per avere il diritto di respirare. Ho riflettuto a lungo se la battaglia di Guts abbia senso o meno. Può un essere umano nuotare realmente contro corrente e prevalere nei confronti di un essere superiore? Si può combattere contro il freddo giudizio della casualità? Si può davvero vincere in una situazione disperata e senza via d’uscita?

Il fatto è che la battaglia di Guts (almeno per me) è già persa in partenza. Non può vincere: è solo un uomo contro il volere di esseri divini che sorvegliano il flusso del mondo.

La sua battaglia personale è nobile o stupida? Combattere e porsi un obiettivo al di là delle proprie capacità ha senso o solo uno spreco di tempo? Il personaggio dello ‘struggler’ che fatica ad avanzare e combatte una battaglia che non può essere vinta è fonte di ispirazione o una tragedia?

Difficile dare una risposta.

Stesso discorso vale per Devilman e il suo scontro contro Satana. L’umano Akira Fudo (nonostante abbia i poteri di Amon) non ha alcuna speranza di vincere contro Satana, l’angelo caduto. Semplicemente non è possibile. Eppure, Devilman combatte lo stesso per vendicare i torti subiti nonostante abbia avuto l’opportunità di unirsi a Satana.

Una parte di me crede che sia inutile combattere una battaglia persa. Il sogno (per quanto bello possa essere) spesso non combacia con la realtà e non ci si può fare nulla al riguardo. Non importa che gli anime dicano il contrario. Ci sono cose che non si possono fare. Provarci mi renderebbe una persona caparbia o folle?

Devilman contro Satana

A mio parere mi renderebbe entrambe le cose. I miei eroi personali della finzione (e della realtà) sono coloro che si sono misurati in sfide più grandi di loro e hanno vinto… o perso. Anche se hanno perso, però, hanno avuto il coraggio di accettare una sfida che avrebbe potuto cambiare loro la vita. Non è forse meglio tentare e fallire con la consapevolezza di aver puntato al cielo che non tentare e basta? Non è forse meglio puntare tutto su un progetto senza accettare un singolo compromesso?

Devilman: una guerra persa in partenza

In teoria suona bene… ma in pratica? Viviamo in un mondo reale in cui bisogna trovare un modo per sopravvivere. Il compromesso è d’obbligo persino per le persone che hanno avuto la fortuna (o, per meglio dire, l’abilità) di rendere la propria visione una realtà. Ed è per questo che accettare compromessi mantenendo la propria visione e il proprio sogno come punto focale non è una dichiarazione di sconfitta ma semplicemente un momento di passaggio. Per rendere possibile l’impossibile, a volte, è necessario venire meno ai propri principi. Tuttavia, è di vitale importanza non farsi sviare dalla propria ‘battaglia impossibile da vincere’ (qualsiasi sogno) per accettare una via più sicura e più battuta rappresentata dal compromesso accettato in precedenza….

Molto difficile farsi capire senza un esempio pratico.

Diciamo che ho avuto un offerta di lavoro completamente diversa da ciò che vorrei fare in futuro. Non è un lavoro part-time ma una carriera vera e propria cui dovrei sacrificare molto tempo ma che mi ricompenserebbe un bel po’. Non so se accettare o meno.

Accettando, forse, avrei una vita più semplice e con meno pensieri… ma forse mi consumerebbe a tal punto da farmi distogliere l’attenzione dal mio obiettivo di uccidere il mio Griffith (ovviamente una metafora per il mio sogno impossibile).

Non accettando, forse, avrei più tempo per focalizzarmi sulla realizzazione del mio sogno scegliendo un lavoro part-time con molte meno ore e con un quinto del guadagno (e il triplo dello stress).

Decisioni…

il fatto che tra dieci anni il peso delle mie decisioni plasmerà completamente la mia vita (sospetto anche molto prima) non mi fa dormire la notte. Griffith mi direbbe di fare qualsiasi cosa per il mio sogno e accettare la miglior offerta senza venir meno alla mia visione. Avrò davvero la forza per farlo o mi farò inghiottire dalla casualità, dalla Mano di Dio e dal falò dei sogni come la grande maggioranza delle persone che incontro?

Guts direbbe di fare ciò che voglio e vivere con le conseguenze delle mie azioni.

Sarà una lunga notte…

Un altro giro (racconto breve)

La superficie della mia scrivania alle 23:00 si presenta con una bottiglia d’acqua da mezzo litro, una lattina di pepsi, un quaderno, un laptop con un documento di word aperto sul desktop e musica di Youtube da una finestra seminascosta su Chrome.

Di solito a quest’ora ho sonno ma impongo al mio corpo e alla mia mente di restare sveglio. Se dormissi adesso mi ritroverei al mattino seguente confuso e disorientato come se qualcuno avesse voltato la pagina di un romanzo o se avesse tagliato una scena di un film per andare a quella successiva.

La notte è quel piccolo ritaglio di tempo che appartiene solo a me. Non riesco a ragionare con lucidità e tutto assume un contorno onirico. Scrivo ma le parole che compaiono su Word non sono veramente mie. Sono un misto della musica che ascolto (in questo momento una colonna sonora), stanchezza, forse speranza e forse odio.

Vado avanti così fino a quando mi è possibile; di solito fino alle tre del mattino o fino a quando la sveglia non suona. Ogni secondo della giornata che passo nel mondo reale (al lavoro, al di fuori, al contatto con tutte le altre persone che non siano me) penso alla notte.

Penso al gusto della pepsi che si scioglie sulla lingua, la musica nelle cuffie, il freddo sguardo del documento bianco su Word e, forse cosa più importante, il fatto che io sia troppo stordito per apprezzare tutto questo.  A volte mi capita di addormentarmi ma succede solo per pochi secondi. Poi mi risveglio. Faccio molti sogni e la concezione del tempo si perde completamente.

A volte faccio un sogno molto lungo. Quando mi risveglio mi preoccupo subito che io abbia dormito troppo ed è già mattina. L’orologio in basso a destra dello schermo mi tranquillizza.

‘È solo l’una, Struggler. Continua il tuo viaggio. L’alba è ancora lontana.’

Non so bene chi sia a parlare ma le parole mi confortano. Mancano cinque ore alla sveglia. Sei ore all’alba. Nel mio mondo, di notte, cinque ore equivalgono a dodici ore. Sorrido.

Posso restare ancora.

Il mondo reale può aspettare.

Guts’ theme (racconto breve)

C’è una palestra all’aperto vicino al posto dove lavoro.

Non che due sbarre di metallo arrugginito, un sacco da boxe di gomma piuma sventrato e una panca per gli addominali possano essere definiti come una ‘palestra’ ma sono grato di essere a due passi da tutto ciò. È un angolino nascosto nel cuore del parco pubblico di S. e nessuno, se non gli abitanti del quartiere, sa della presenza della ‘palestra’. Il sole è alto e la farmacia in fondo la strada informa i passanti che ci sono ventotto gradi.

È l’una e il mio turno inizia all’una e mezza. Mi tolgo la camicia e resto in jeans stretti. Il sudore mi cola sulla fronte per il solo sforzo di respirare. Mi appendo alla barra e comincio a fare dieci trazioni. Il cuore comincia a battermi forte. Non perché faccio fatica a portate la mia testa sopra la sbarra ma perché la mia mente è rivolta al turno di lavoro che mi aspetta tra poco.  Invece di fermarmi e riposare, faccio altre cinque trazioni per schiarirmi la mente. Ora sono abbastanza stanco per poter pensare lucidamente.

Ogni ora prima di lavorare mi prendono i crampi allo stomaco. Immagino sia un meccanismo di autodifesa del mio sistema immunitario. Da bambino mi succedeva la stessa cosa prima di andare a scuola. Crampi allo stomaco e nausea per tutto il giorno. Non è cambiato assolutamente nulla da quando avevo 12 anni. Ora sono passati dieci anni e ho ancora la nausea.

Attacco di nuovo con le trazioni. Ne faccio dieci e poi ne faccio due con una sola mano. Lo sforzo è così grande che per un singolo istante la mente si schiarisce e sorrido al nulla. Un mese fa non sapevo farne neanche una di trazione a mano singola. Questo mi da la convinzione (o l’illusione) che con il tempo anche la mia vita possa cambiare. Un passo alla volta, giusto?

Cammino fino al sacco e tiro un jab molto pigramente. Il sudore vola sull’erba secca. Il sacco si sposta a malapena. La gomma piuma che penzola dal sacco vibra impercettibilmente. Questa è ormai la mia routine da un mese. Dirigermi al lavoro due ore prima del mio turno e passare mezz’ora nella ‘palestra’, un luogo che appartiene solo a me, distaccato dalla realtà. Qui posso essere ciò che voglio. Qui non sono prigioniero della realtà. Ci sono solo io.

A volte mi viene da pensare che cosa accadrebbe se restassi in quel parco per sempre. Confinato nella stretta superficie della ‘palestra’. So già la risposta. Non accadrebbe nulla di importante.  Il mio telefono squillerebbe un paio di volte (immagino due o tre chiamate dall’ufficio). Poi arriverebbero i messaggi. Poi le vibrazioni nella tasca dei miei jeans.

Poi il nulla.

Arriverebbe la sera e i grilli comincerebbero a cantare indisturbati dalla mia lunga ombra proiettata sulle sbarre di ferro. Probabilmente nessuno si accorgerebbe più della mia assenza. Forse qualcuno ne sarebbe persino rallegrato. Il mio corpo diventerebbe parte integrante di quella ‘palestra’ e osserverei anche io le persone che vagano nel parco cercando di dimenticare il passato e scappare dal presente modellare la propria schiena con qualche trazione di troppo.

Questo pensiero mi fa sorridere. Guardo l’orologio. È quasi ora. Mi incammino verso il posto di lavoro a torso nudo senza degnare di uno sguardo la camicia. Devo cambiarla in ogni caso.

Devilman Crybaby rewatch (episodi 1-5)

Devilman Crybaby è stata l’opera che mi ha veramente appassionato al mondo degli anime e dei manga. Una delle creazioni più originali e tragiche che io abbia mai avuto il piacere di sperimentare. Ho visto l’intera serie più di una volta e letto il manga ben più di una volta. A ogni visione e rilettura speravo che le sorti dei protagonisti cambiassero e che, forse, quel ciclo insensato di odio e di violenza cambiasse. Questa, però, non era l’intenzione del geniale creatore Go Nagai.

Ho visto recentemente i primi cinque episodi della serie arrivando a metà dell’opera. Il quinto episodio (Devilman contro Silen per intenderci) è uno dei miei preferiti: la scena di sesso mista a scontro fisico è uno dei momenti più elevati della serie.

Il conflitto mentale dell’umanità di Akira Fudo e la violenza mista a desiderio scaturita dall’unione con il demone Amon producono uno degli scontri più belli della storia degli anime. Ma procediamo con ordine:

Il primo episodio si apre con un piccolo monologo di Ryo: ‘L’amore non esiste….lgià, l’amore non esiste e perciò non esiste neanche la tristezza. O almeno così credevo.’

Ci vengono mostrate due mani intente nel creare qualcosa, plasmando una forma nell’oscurità dello schermo. La voce di Ryo svanisce. Le mani creano luce. Passiamo subito all’infanzia di Akira e Ryo.

Ryo continua il suo monologo spiegando la differenza tra lui e Akira. Ryo è malvisto dalla comunità e non prova pietà o empatia verso gli esseri viventi. Akira è l’esatto opposto: è un bambino dall’empatia così grande che piange ogni volta che qualcuno è triste.

C’è un salto temporale di dieci anni. Ryo corre a tutta velocità sulle autostrade giapponesi.

‘Akira, ho bisogno di te!’ urla a se stesso.

Ancora non sappiamo il motivo.

Sin da subito ci vengono presentati queste due persone che sono agli opposti. Akira era un bambino sensibile e pacifico e tale è rimasto nell’adolescenza. Ryo è un professore in un college americano a 16 anni… ricordiamoci che questo è un anime.

Ryo non ha paura di infrangere la legge e non esita un secondo a reagire se provocato. Ryo si precipita da Akira per richiedere il suo aiuto. I demoni (i veri abitanti del pianeta Terra) si sono risvegliati e hanno intenzione di riprendersi il loro pianeta. Si stanno mischiando nella societa umana ed è impossibile distinguerli. Ryo chiede ad Akira di partecipare con lui al Sabbath, la messa nera in cui i demoni si riuniscono, per poter documentare la loro esistenza e aiutare il genere umano a proteggersi dalla minaccia.

Il sabbath si scopre che è una discoteca in cui sesso, violenza e droghe circolano a fiumi.

In fin dei conti questa è la vera essenza degli umani e non solo dei demoni. I demoni sono attirati dal sangue perciò Ryo comincia a squartare persone indiscriminatamente nella pista da ballo. Il sangue richiama i demoni nascosti nelle forme umane, i quali fanno una strage nel Sabbath uccidendo tutti.

Akira però ha la fortuna di unirsi a un demone. Il suo cuore puro e la sua umanità gli permettono di non essere preda del demone Amon perciò non rinuncia al possesso della sua mente e del suo spirito.

Akira diventa Devilman: un cuore umano dentro un corpo da demone.

Ho riflettuto spesso sulla figura di Akira e il fatto che abbia assimilato i poteri di un demone conservando la sua umanità senza diventare un mostro. Per sopravvivere in questo mondo è indispensabile essere forti e capaci. Per sopravvivere è indispensabile essere dei mostri quando serve… conservando ovviamente un codice morale che ci vieti di essere delle bestie. Akira Fudo era un ragazzo gentile e sensibile (il che è un bene) ma era completamente impreparato ad avere una vita di successo e a farsi valere contro i bulli del quartiere e i pettegolezzi che circolavano nella sua scuola (il che è un male).

Akira ha avuto il coraggio di entrare nel Sabbath dove avrebbe potuto rischiare la vita ma ne è uscito vivo più forte e più saggio.

Non sarà mai più sensibile come prima dato che ha dovuto perdere parte della sua innocenza rendendosi conto di quanto il mondo sia brutale e di quanto i demoni siano pericolosi, ma è riuscito a conservare gran parte della sua identità basata sull’empatia e l’amore per il prossimo.

Essere dei mostri è indispensabile per sopravvivere ma conservare la propria umanità nel processo è altrettanto importante. A volte gli umani sono ancora più disgustosi dei demoni poichè si lasciano sopraffare dalle proprie paure e dalle proprie debolezze mentre i demoni sono creature pure dato che pensano solo ad uccidere e nutrirsi. Per essere davvero forti è indispensabile avere entrambe le componenti che distinguono un demone (forza, ambizione, fame e voglia di vincere) e quelle che dovrebbero distinguere un umano (sensibilità, gentilezza ed empatia)… in sostanza, diventare un Devilman. Indossare colori neri per portare la luce (come Akira) e non il contrario come la sua controparte (Ryo).

Training arc III- Il mio allenamento e quello di Guts

Era da tempo che non scrivevo qualcosa del genere. Stavo rileggendo Berserk per la nona volta e mi sono soffermato sul capitolo in cui Guts comincia ad allenarsi dopo aver lasciato la banda dei Falchi. Guts ha abbandonato Griffith per seguire il suo sogno e sentirsi alla pari del suo comandante. Dopo aver intrapreso la via della solitudine, Guts comincia ad allenarsi senza sosta per inseguire un sogno che lo possa mettere nello stesso piano esistenziale di Griffith. In più, il ricordo di Zodd l’immortale lo perseguita ancora. Si è battuto contro una divinità e, per la prima volta, si rende conto che se vuole sopravvivere deve rinunciare a parte della sua umanità nel processo. La sopravvivenza del corpo e dello spirito necessita della morte (anche metaforica) dei suoi avversari. Le divinità non sono benevole nè malevole ma seguono il corso della casualità. Per nuotare contro la corrente del caso bisogna essere ridicolarmente forti.

Guts ne sa qualcosa. Sin da bambino ha dovuto impugnare la spada (due volte più grossa di lui) per sopravvivere. Guts è nato dal cadavere di sua madre; si potrebbe dire che lui sia il figlio della Morte stessa. La vita è sofferenza e cambiare la propria vita porta ancora più sofferenza. Per questo Guts deve spingersi ai suoi limiti per andare contro il volere degli dei, sopravvivere e raggiungere la pace.

Il viaggio di Guts è profondamente umano ed è un qualcosa che la grande maggioranza delle persone deve affrontare. Anche io mi sto imbarcando in un viaggio nell’oscurità dal quale non potrei fare ritorno… o, per farla meno tragica, il me stesso del passato non potrebbe più fare ritorno. La sopravvivenza e il prevalere nei confronti della vita richiedono una grande abilità e, il mio compito, è quello di acquisire suddette abilità.

Questa è la routine che seguo da ormai quattro giorni.

  • Sveglia alle 08:00
  • Corsa più allenamento a corpo libero (tra poco ritornerò in palestra)
  • Colazione
  • Scrivere tra le 500 e le 1000 pagine del mio romanzo
  • Lavoro (paragonabile alla stanza dello spirito e del tempo di DragonBall… un minuto lì equivale a un’ora nella vita reale)
  • Pranzo
  • Lettura
  • Blog
  • Invio candidature
  • Lavoro
  • Viaggio per tornare a casa
  • Aggiornamento del mio diario
  • Dormire

Probabilmente Guts riderebbe della mia routine ma per il momento è ciò che riesco a fare.

Devo dire la verità: credevo che seguire religiosamente una routine avrebbe aiutato il mio umore considerato che sto facendo ognuna di queste cose per migliorare la qualità della mia vita ma sento solo un senso di vuoto e stanchezza. Mi chiedo se anche Guts si sia sentito così.

La risposta è nel manga ed è ‘si’.

Guts non sa neanche la direzione in cui va la sua vita ma va avanti e lo fa senza porsi troppe domande. Ha un obiettivo da raggiungere e non si farà mai scoraggiare neanche dall’essenza stessa del male. Immagino che per il momento anche io abbia l’unica opzione di andare avanti. Posso solo fare ciò che ritengo sia giusto, perseguire il mio obiettivo impreciso e avere la speranza (o la stupidità) di credere che potrò anche io nuotare contro la corrente della casualità.

Are you God?

Come al solito la canzone non ha nulla a che vedere con ciò che scrivo. Solo musica di sottofondo. Ma visto che ho aperto l’argomento… recuperatevi la saga di Silent Hill. Ne vale davvero la pena.

Sono sicuro (più che sicuro) che la ricchezza fa accedere a sentieri invisibili per le altre persone. Due sere fa passeggiavo per il quartiere del Duomo. Mi sono fermato su una panchina e ho tirato fuori dallo zaino ‘il sole 24 ore’ che ho comprato al Mondadori Megastore al primo piano.

La mia conoscenza finanziaria è ridicola perciò sto cercando di rimediare studiando ogni materiale che mi capiti a tiro. Sono certo che ci sono grandi opportunità in quella vastità di articoli e carta del giornale ma il fatto di non saperli riconoscere mi riempiva di un senso di frustrazione incredibile.

Ho lasciato a metà un articolo che riguardava la crisi della Brexit nel settore dell’ospitalità (a quanto pare serve personale nei ristoranti e nei locali ma nessuno vuole lavorarci… probabilmente perchè il 95 percento di quel settore era occupato da immigrati europei) e mi sono guardato intorno. Non aveva senso continuare la lettura per quel momento. Il puzzle era troppo complesso per il me dell’altro ieri (probabilmente lo è anche per il me di oggi). Troppe informazioni da cui ricavare idee.

Centinaia di persone facevano shopping camminando con flemma, le buste di articoli firmati che pendevano dalle loro mani. Completi eleganti, vestiti impeccabili e semplici magliette monochrome si distrecavano tra la folla. Una persona in particolare ha colpito la mia attenzione. Un uomo anziano, direi sui settant’anni, camminava circondato da quattro ragazze che erano il doppio più alte di lui e con (forse) meno della metà dei suoi anni. Forse erano modelle considerato che superavano abbondantemente il metro e novanta con i tacchi. Sembrava fossero i suoi bodyguard. L’uomo indossava una giacca nera pesante con una camicia e una cravatta nonostante il caldo. Le ragazze avevano decisamente meno vestiti e attiravano più di uno sguardo.

Una scena del genere può, di sicuro, essere soggetta a molteplici punti di vista e significati. Non sempre ciò che si vede corrisponde alla realtà ma il pensiero che mi è subito balenato in mente è stato: ‘Voglio essere come lui.’

Ho fantasticato molto sulla possibile identità di quel signore. Mi sono chiesto cosa abbia dovuto fare alla mia età per ottenere così tanto adesso. Mi sono chiesto se anche lui ha avuto dubbi nel costruire la sua vita.

Ogni volta si vede il risultato ma non il processo che c’è dietro. Forse ha vissuto in povertà per tutta la sua vita e ha avuto la sua rivincita tardi. Forse è nato così. O forse le mie impressioni su di lui sono completamente errate e la sua vita è meno fantastica di quel che la mia fantasia voglia farmi credere In ogni caso, ho aperto una lattina di Monster alla sua salute e ho continuato a leggere il mio ‘Sole 24 ore’ e, all’improvviso, mi sono sentito più ottimista. Ho letto ogni articolo sulle obbligazioni, sui bond, sulle criptovalute e aulle azioni maggiori su cui dovrei dare uno sguardo più approfondito. Il solo fatto di aver visto quel signore ha riaccesso in me la voglia di continuare la mia crociata personale dopo cinque minuti in cui l’avevo interrotta. Forse non mi porterà a nulla ma almeno ho più materiale da includere nel mio romanzo.

The golden age/Età dell’oro

The very first page of my novel to become the very best like no one ever was. Prima pagina del romanzo a cui sto lavorando. Celebrating my 50th post on this blog.

Part one: Good luck, Struggler (The Golden Age)

STARRING:

  • A kid who curses his fate
  • Takamura -A kid who has it all- Lawson
  • Lilith -A clueless girl who is looking for a fight
  • Jeff -A veteran lucky enough to have survived the war- Wells
  • An absent mother

SPECIAL THANKS TO:

  • Maid number three

                                                   1

In this world, is the destiny of mankind controlled by some transcendental entity or law? Is it like the hand of God hovering above? At least it is true that man has no control; even over his own will.Berserk by Kentaro Miura

I had to persevere because this was my life. This championship, this was the stuff I dreamt of all my life, and I wasn’t gonna be denied.” Mike Tyson

Boom

Boom

Crash (X3)

Boom (refrain)

Scream

Crash

Silence.              At last.

But it is still moving. Its mouth is vomiting red all over the road. It reminds me of the lava coming from the volcano I created for my science project. It wasn’t actually lava but a mix between baking soda, vinegar, and water. The legs are bent into 90-degree angles. I can see the bones standing out from the fur. It seems like those ancient Roman ruins I have seen in my art class. The wind is rising. It can talk to me. The wind, I mean. But I also mean the dog. I cannot understand a single word. I kick it (I am fairly sure it is a Boston Terrier) in the belly.

“What did you say? What did you say to me?!”

Now it also stopped moving. The wind passing through my new friend’s bones produces a strange kind of melody. There is a rhythm. There is passion. Way better than most of the songs I listen to.

Yeah… I would say the comparison between the carcass and the Roman ruins is appropriate. Ruins filled with the lament of ghosts. A dead body tormented by the indifference of the wind. I take a better look. The head is split open but there is no sign of the brain. I can only see parts of the skull. My hands are covered in sweat and my bat drops on the road. I barely notice the sound of it dropping on the ground. This is beautiful. This is beautiful for the only reason that is not beautiful. This is art. This is beauty. How was that old saying?

Beauty never comes from happiness.

“Did you want to tell me this? Is this what you meant before?”

The thing stopped vomiting blood. It looks peaceful now. No more pain. No more struggle. Just peace and love. Just like what I feel inside right now. The adrenaline is gone now. Yes, this is what he wanted to say.

“I forgive you.”

I can see my breath condensing into small puffs. I feel the wounds on my arms the dog made to me to defend himself. It’s going to rain very soon but I am only wearing a t-shirt. It’s cold but I am feeling so good. I am so glad I am alive. I carefully look around me. There is no one here around. I clean my hands on my jeans and I pick up my bat. First, however, I bow to the carcass of the dog (my personal, special, little pantheon), I touch the blood on the street and I put a finger in my mouth.

It is cold and delicious. Just as I thought. I notice a wooden collar around its neck. Axel. I smile. I have never seen such an appropriate name.

There is nothing for me here. I envy the people who would walk in my temple. I would not be here to see the surprise on their faces. But this is what being an artist means. Your creations will always survive you. Nothing you can do about that. I look at my watch. I raise my eyebrows. I am slightly late. Being late is a clear sign of indifference and disrespect towards my duties, my school, and my parents. I have to wake up earlier if I want to work on my art.

Time for school.

Heaven’s night (racconto breve)

Un racconto che ho scritto due anni fa come progetto universitario. La versione originale è in inglese (in fondo al testo) e questa è la traduzione. Più che altro è un esercizio personale. Era il periodo in cui ero fissato con American Psycho e The Neon Demon. Non che questa sia cambiata con il tempo. Due delle mie opere preferite su cui baso molto del mio lavoro. In ogni caso:

Heaven’s night

Da qui posso vedere le luci al neon accendersi, spegnersi e accendersi di nuovo. La ‘t’ sembra avere qualche problema: sembra essere più luminosa delle altre lettere. Questo è il tipo di posto che penseresti esista solo nei film. La musica all’interno del locale fa vibrare i lampioni della luce sulla strada.

Heaven’s Night

Osservo il mio riflesso nel vetro opaco della discoteca. Due occhi ghiacciati incorniciati da una cascata di capelli d’oro. Le luci al neon attraversano il mio abito Missord prom con paillettes e orlo a sirena con mono spalle e cut out  di Armani completamente bianco con bordi platinati. È così stretto che posso a malapena respirare. Sono meravigliosa. Più che meravigliosa. Sono divina. Troppo divina per stare in fila fuori da una discoteca.

Oggi è il mio primo giorno. C’è ancora tempo.

Forse mi piace un po’ troppo ciò che vedo allo specchio perciò dirigo il mio sguardo altrove. La musica cambia. La ragazza carina di fronte a me comincia a urlare, alzando le braccia e muovendole a ritmo. La sua amica (non-così-carina) si unisce a lei timidamente.

Anche io sarei timida se assomigliassi a lei.

Le porte della discoteca si aprono e, per un singolo istante, possiamo vedere l’interno di Heaven. Le luci rosse accarezzano la superficie completamente bianca del pavimento. Una ragazza in topless, tanto alta quanto penseresti lo sia Dio, fa per bere un bicchiere d vino di fronte a un gruppo di ragazzi per poi sputarglielo addosso subito dopo. I ragazzi del gruppo lottano fra di loro per ingoiare la saliva della ragazza. Le ragazze di fronte a me sogghignano ed entrano all’interno di Heaven.

Spariscono nel Nulla fatto di musica, alcol e corpi che ballano.

Il ritmo della musica cambia ancora. Le porte si chiudono di nuovo.

Sono la prossima ad entrare.

‘Chi sei?’ mi chiede un uomo vestito di nero che presumo sia il buttafuori del locale. La sua coda di cavallo e il suo profumo dozzinale che mi riempie le narici mi fa chiudere gli occhi per un momento. Non è di questo paese.

‘Chiunque tu voglia che io sia…’ gli dico mordendomi le labbra.

‘Carta d’identità.’

‘Non ne ho bisogno,’ gli dico sorridendo.

‘E perché?’

Alzo la mano sinistra affinché possa vedere il marchio. Ho uno ‘smile’ proprio sotto l’avambraccio.

🙂

‘Sono con Manyu!’

Il buttafuori non sembra troppo sorpreso quando apre le porte di Heaven per me.

‘Quanta carne ci sarà stasera?’ chiedo con un sorriso, toccandogli la spalla.

Non mi risponde. Il  sorriso muore sulle mie labbra.

Perché non ride? Perché non è carino con me? Lo odio. Vorrei che morisse di fronte a me. Sto avendo difficoltà a respirare mentre mi osserva con i suoi occhi privi di intelligenza. In questo momento darei la mia vita per farlo soffrire. Vorrei conficcargli le unghie nella gola e bere il suo sangue. Ma non lo faccio. Invece, gli dico:

‘Ci vediamo dall’altra parte!’

Le porte finalmente si aprono. Ora è il mio turno a Heaven. La musica è inebriante e il ritmo aumenta sempre di più.  Conosco la canzone. È un vecchio remix di ‘I don’t care anymore’ di Jim Collins. Invece della chitarra, ci sono i bonghi.

Hai persino scritto una canzone per dimostrare a tutti che non ti importa del tuo divorzio… non deve davvero importartene nulla come dici.

‘I TUOI PENSIERI SONO FELICI COME AL SOLITO…’ Un corpo muscoloso e asciutto ricoperto a malapena da una semplice camicia azzurra slim fit di Ralph Lauren (o Fratelli Rossetti) mi afferra per la vita.

‘PERCHÉ MI HAI FATTO ASPETTARE IN UNA FILA, MAINYU ?!’ Gli urlo addosso cercando di farmi sentire contro il patetico sfogo di Phil Collins.

‘OH-OH-OH!’

‘OH-OH-OH, COSA?!’ Gli chiedo irritata.

‘OH-OH-OH, MA GUARDATI! Sei appena entrata nell’industria e vuoi subito un trattamento speciale! Hai davvero del fegato, bambolina!’

‘SONO MEGLIO DI CHIUNQUE! TU STESSO LO HAI DETTO!’

‘NE PARLIAMO DOPO, LILITH!’ Mi interrompe. Mi mordo le labbra talmente forte da farle sanguinare. ‘VOGLIO FARTI INCONTRARE GLI ALTRI MEMBRI DEL SABBATH AL LOUNGE!’

‘ANCHE LORO SONO MODELLI?!’

Non mi degna di una risposta. Perché non mi risponde? Perché nessuno mi prende sul serio. Il mondo è ingiusto e io sono la più grande vittima di tutti.

‘OH-OH-OH!’

‘CHIUDI QUELLA CAZZA DI BOCCA! CREDEVO FOSSIMO AMICI!’

Mainyu mi trascina al bancone del bar in fondo alla discoteca. Sto per dirgli che ho voglia di un drink ma poi penso che avrò tempo per bere al lounge. Spero solo che lì le persone sappiano chi sono. La musica cambia ancora. Questa volta c’è la Demon Dance di Julian Winding. Amo quella canzone. Il mondo appare subito un po’ più colorato.  Ancora una volta ho di nuovo fede nella vita nonostante le esperienze traumatiche che ho subito da quando sono entrata a Heaven.

Mainyu mi porta verso le scale e accediamo alla parte superiore del locale al lounge. Alla fine della rampa di scale, un buttafuori , che indossa un giacchetto di pelle studiatamente rovinato e un paio di jeans blu scuro Tobago si inchina nel momento stesso in cui vede Mainyu. Non mento.

Questa cosa mi eccita.

Mi chiedo quanto dovrò aspettare prima che le persone mi riservino lo stesso trattamento.

Prima di entrare nel lounge, Mainyu mi tocca la spalla. Osservo la massa informa di carne ballare sotto di me. Rido. Le luci di Heaven cambiano al ritmo della musica riflettendo su ogni superficie del locale.

Rosso. Blu. Rosso. Di nuovo blu. Questo è mio. Questo è tutto mio.

‘Ancora no, Lilith. Ancora non è tutto tuo. Cerca di fare una buona impressione.’ Mi sussurra mentre la Demon Dance si dissolve lentamente.

‘Questa è la tua opportunità per sfondare. Vuoi essere una vera modella, non è vero? Forse anche un’attrice… chi lo sa?’

‘Farei di tutto,’ sussurro bagnandomi le labbra con la lingua.

‘Così mi piaci.’

Il buttafuori si fa da parte e ci lascia entrare. Non vedo nulla. Tutto ciò che vedo è nero.

‘Sei cibo o sesso?’ una voce maschile mi chiede appena entro. Mainyu è dietro di me. Cerco istintivamente di stringergli la mano ma fa finta di non accorgersene.

‘Refn! Che cazzo! Non vedi che è una bambina?’ ribatte una voce femminile.

‘Una bambina, eh…?’

Heaven’s Night.  Tutto ciò che vedo è luce. Le luci al neon fanno brillare il simbolo di Mainyu in ogni parete del lounge. Lo smile. Mi concentro su chi ha parlato. Un uomo sulla quarantina che indossa un completo Ted Baker. Basso. Occhiali. Accento di New York.

Forse ebreo?

Mi volto verso la voce femminile: una donna che indossa un completo semplice di Lani Dress tanto scuro quanto la sua pelle. Ora è rosso. Ora è blu.

‘Non sono una bambina…’ sussurro. Mi odio. Posso percepire da sola l’incertezza nella mia voce.

‘Questo è ovvio. Le bambine non indossano quell’abito Missord prom Bodycon…’

Sto cominciando a tremare. Io sono migliore di loro. Sono al di sotto di me. Non ho nulla da temere. L’intero mondo è al di sotto di me. Anche Dio è al di sotto di me. Non ho nulla per cui essere insicura. Mainyu ride mentre mi da un colpetto sulle spalle.

‘Lei è Lilith! Sarà la prossima grande star!’

La donna mi sorride, ‘Primo Sabbath?’ mi chiede.

‘Di sicuro non l’ultimo!’ le rispondo mentre Mainyu mi dice di sedermi accanto l’uomo chiamato Refn. Conosco Refn di fama. Tutto il mondo sa chi è.

‘Bella risposta…’ mormora Refn mentre versa quattro calici con Champagne Dom Pérignon Rosé direttamente  dalla scatola regalo della versione limitata uscita nel 2005. Premo le labbra sul bordo del bicchiere e osservo l’impronta del mio rossetto.

Cazzo, realizzo subito. Sto evitando il contatto visivo.

‘Ora… solo per essere chiari,’ parla Mainyu. ‘Abbiamo venti minuti per il banchetto. Le porte di Heaven saranno completamente chiuse.  Le mura sono insonorizzate. Lilith sarà con me. È la sua prima volta. Refn e Miki saranno insieme. Ci incontreremo di fuori. Dubbi?’

Nessuno parla. Avvicino il bicchiere alle labbra per bere quando Refn mi ferma la mano. Mi mostra una pillola sul palmo della mano.

‘Vuoi davvero fare festa senza Devi-Devi?’

Prendo la pillola e sussurro un debole, ‘Grazie.’

‘Buttala giù con un po’ di champagne.’ Miki mi consiglia con gentilezza. ‘Proprio come una medicina.’

Mi tratta come se fossi sua figlia. Mi viene un tic nervoso all’occhio sinistro ma è solo per un attimo. Io sono divina. Ingoio la pillola e la mando giù con Dom Pérignon. Non è così male. La pillola è tanto colorata quanto il mio futuro ed è tanto insapore quanto gli animali che ballano sotto di noi.

‘Guarda la sua faccia! È adorabile! E come una bambolina! Ti amo!’

‘Ti amo anch’io!’ urlo di rimando.

Gli altri fanno lo stesso. Mainyu, Refn e Miki ingoiano la pillola. All’inizio non ho notato alcun cambiamento. Ma adesso… il cuore sta cominciando a battermi forte. La musica è ancora più forte di prima e batte con il ritmo del mio cuore.

BOOM. BOOM. BOOM.

Il ritmo è ridicolamente veloce. È come se la mia anima stesse lottando per uscire dal mio corpo. Le luci di Heaven’s Night  sono solo rosse adesso. Osservo Mainyu e lui mi sorride. La massa di carne sotto di noi continua a ballare. Per loro non è cambiato nulla.

‘Beh… è una festa questa o cosa?’ Refn chiede all’improvviso. Fa fuori metà della bottiglia di Dom Pérignon e osserva le persone sotto il lounge. Poi, salta dalle scale. Miki fa lo stesso e salta nel cuore della folla. Mi chiedo che cosa le persone al di sotto di noi possano pensare in questo momento. Mi chiedo cosa pensino ora che le divinità hanno lasciato il monte Olimpo per unirsi alla loro miserabile gioia.

Sono sola con Mainyu.

‘Ho fatto una buona impressione?’ chiedo visibilmente preoccupata.

‘Troppo presto per dirlo.’ Mi dice. ‘Credo che piaci a Refn però. Ha un debole per le ragazze che non hanno avuto ancora il ciclo. Come tutti del resto. Ora che ci penso… piaci a tutti.’

‘Perfetto,’ sussurro sollevata.

Le persone sotto di noi continuano a urlare al ritmo della musica. Però il loro urlo è diverso da prima. Ora è più grottesco. C’è persino una nota di paura. È più viscerale.

‘Più ‘passionale’ suggerirei. L’arte viene sempre dalla sofferenza. La bellezza viene sempre dal sacrificio. Non dimenticarlo mai, bambolina.’

Tutte queste urla. Tutto questo rosso e questa musica. Non posso più trattenermi. Ne ho bisogno. Ho bisogno di far parte del Sabbath.

‘Ci uniamo alla festa?’ Mainyu sa chi sono adesso. Vorrei poter dire lo stesso per me.

‘Certo…’ gli dico. ‘E Mainyu?’

‘Si?’

‘Grazie per questo… tutto questo. Ma non farmi mai più fare la fila.’

Sorride.

Sorride ancora. Il suo simbolo è uno smile per una ragione.

Entro nel Sabbath e divento parte ufficiale di Heaven’s Night.

Heaven’s Night

I can see the neon lights turn on, then off, then on again. The “t” seems to have a problem or two: it is slightly brighter than the others. This is the kind of place you think exists only in the movies.

Heaven’s Night

I carefully observe my reflection in the dark glass of the building. Two frozen lakes under a cascade of blonde hair like gold. The neon lights shine through my red gold chain strap sequin plunge Bodycon dress by Armani.  It is so tight I can barely breathe. I am wonderful. More than wonderful. I am divine. Too divine to be in a queue.

I am just a beginner. There is time…

Maybe I like what I see too much so I look elsewhere. The music changes. The pretty girl in front of me screams, moving her hands in the air at the rhythm. Her not-so-pretty friend timidly joins her.

I would be timid too if I looked like that.

The doors open and we are suddenly allowed to check out the inside of Heaven. You can see the red lights caressing the completely white surface of the dancing floor. A topless girl, as tall as you would think God is, swallows a shot in front of a group of guys and she spits the liquid on them. Her white high heels are of the same color as her skin. The boys in the group punch each other fighting for her saliva. The girls in front of me giggle and they breach Heaven.  They disappear into Nothingness. Music changes.  The doors are closed once again. I am next.

“Who are you?” asks the man who I reasonably think is the bouncer. His ponytail and his cheap perfume make me think he is a bum.  

“Whatever you want me to be,” I tell him biting my lips.

“You look like 13.”

“So, what? Not young enough for you?”

“ID.”

I giggle as I say, “I don’t need one.”

“And why is that?”

I raise my left hand so he can see the mark. I have a smile that is projected just slightly above my elbow.

🙂

“I am with Mainyu.”

The bouncer doesn’t act too surprised as he opens the doors of Heaven for me.

“How much flesh is there going to be?” I ask with a smile. I didn’t want to talk to a bum like him but then I remembered that quote from that writer ‘If you want to see the true measure of a man, watch how he treats his inferiors.’ I am so kind. I want to see his face illuminated by the kind words of a goddess. 

 He does not answer. My laugh dies on my face.

Why is he not laughing?

I hate him. I wish he would die in front of me.  I am having difficulties to breathe as he is watching me without any expression of intelligence in his eyes. I’d gladly give my life to make him suffer. I would love to plunge my nails into his throat and drink his blood. But, I don’t. Instead, I say:

“See you on the other side!”

The doors are finally open. It’s my turn in Paradise now. The music increases its pace. I know the song. It is an old remix of the even older song “I don’t care anymore” by Jim Collins. Instead of the guitar, there are bongos.

You even wrote a song to show the world you don’t care about your divorce.

“SO FULL OF HAPPY THOUGHTS AS ALWAYS…” A hard-body with tinted blond hair wearing a black side-buttoned notched–collar wool jacket and a fitted cashmere turtleneck grabs my waist.

“WHY DID YOU MAKE ME QUEUE, MAINYU?”  I shout to him and Phil Collins as he directs me away from the crowd. 

“Oh-oh-oh!”

“Oh-oh-oh, WHAT?” I ask irritated.

“Oh-oh-oh, look at you! You just entered the industry and you already want the special treatment! You really have some guts, doll!”

“I AM BETTER THAN ANYONE ELSE! YOU SAID THAT!”

“SAVE IT FOR LATER, LILITH!” he interrupts me. I bit my lips hard enough to make them bleed. “I WANT YOU TO MEET THE OTHER MEMBERS OF THE SABBATH!”

“ARE THEY MODELS TOO ?!”

He doesn’t answer. Why does he not answer me? The world is unfair and I am the biggest victim of all.

“Oh-oh-oh!”

“Shut up! I thought we were friends!” I scream.

We reach the bar counter. I am on the verge of saying I need a drink, but I suddenly think that there are going to be plenty of them at the lounge. I just hope the people there know who I am.  The music changes into a remix of The Demon Dance by Julian Winding. I love that song and the world suddenly appears to be a little more colorful.  Once again, I have faith in life despite the horrible way people treated me.

As I try to forget the traumatic experience I have been through, we go upstairs and a bouncer who wears a Searls leather biker jacket and a Tobago patched jeans in blue waves bend the knee as he sees Mainyu. I get a little excited. It makes me wonder how long should I wait before people do that for me too.

Before entering the lounge Mainyu touches my shoulder. I can see the mass of people clubbing just beneath me. I grin. The lights of Heaven Night change color at the rhythm of the music. Blue. Red. Blue. Red. Blue. This is mine. This is all mine.

“This is not yours yet. Try to make a good impression,” he whispers to me as the Demon Dance begins to fade.

“This is our opportunity to make it big. You want to be a real model, don’t you?”

“I would do anything,” I whisper back passing the tongue on my lips.

“This is what I am talking about.”

The bouncer steps back and lets us enter. All I see is black.

“Are you food or sex?” someone asks me as I enter. Mainyu is just behind me. I try to reach his hand but he pretends not to notice.

“Christ! Refn! Can’t you see she is a girl?”

“So? There is a 50 percent chance…”

Heaven’s Night. All I see is light.The neon lights show the symbol of Mainyu all over the place. The smile. I can see them. Not entirely. The man wears a Ted Baker Tailored Fit Black Dress Suit. Short. Pair of glasses. New York’s accent. Maybe Hebrew?

The woman wears a Lani Dress as black as the color of her skin. Now it is red. Now is blue. Now is red again.

“I am not a girl,” I mutter.  I hate myself because I don’t sound confident enough.

“That’s obvious. Girls do not wear sequin plunge Bodycon…”

I can sense my own insecurity. I am better than them. They are beneath me. The entire world is beneath me. Even God is beneath me. I should not feel this way. Mainyu laughs as he introduces me.

“She is Lilith. She is going to be the next big star.”

The woman smiles at me, “First Sabbath?” she asks.

“But not last,” I reply as Mainyu tells me to sit just next to the man called Refn. I know him. The entire west coast knows who he is.

“Nice,” he mutters as he fills four glasses with Champagne Dom Pérignon  Rosé directly from the gift box in the limited edition released in 2005. I take my glass. I press my lips on the top the glass and I observe the print of my lipstick.

Damn, I realize with shock. I am avoiding eye contact.

“Now, just to make everything clear…” Mainyu says. “We have 20 minutes for the feast. The doors will be completely closed. The walls are soundproof. Lilith will stay with me. She is a first timer. Refn and Miki will be together. We will meet again outside. Doubts?”

No one says a word. I try to drink my champagne when Refn stops me. He shows me a pill in the palm of his left hand.

“Are you sure you want to club without Devi-Devi?”

I take the pill muttering a weak, “Thank you”. 

“Just swallow it with a sip of champagne,” Miki tells me gently. “Just like a medicine.”

She is treating me like a daughter. I am doing it all wrong. I do as she says. My eyes roll. I take my hand to my mouth. It is not that bad. It’s colorful just like my future. It’s tasteless just like the animals dancing beneath us.

“Look at her face! She is like a doll! I love you!” Refn screams.

“I love you too!”

The others do the same. Mainyu, Refn, and Miki take the pill. At first, I don’t notice a single change. Then, my heart begins to race. The music begins to be even louder than before. Boom. Boom. Boom. The rhythm is unbearably fast-paced. The lights of Heaven’s Night are now red and red only. I look at Mainyu and he smiles at me. The masses of flesh beneath us continue screaming at the music.

“Are we having a party or something?” Refn suddenly asks. He swallows half of the Dom Pérignon bottle as he stares at the people. Then, he jumps from the lounge. I see Miki reaching him jumping into the heart of the crowd. I wonder what the flesh is thinking right now. I wonder how do they feel now that divinities left the Mount Olympus to join them in their miserable fun.

Now there is just me and Mainyu.

“Do you think I made a good impression?” I ask visibly worried. There is my future at stake.

“It’s too early to tell,” he says. “But I can tell Refn likes you. He has a thing for girls who didn’t even have their periods.  Just like everybody else. Well, now that I think about it everyone likes you.”

“Perfect,” I whisper relieved.

The people beneath us continue screaming. However, their scream is quite different from before. It has more passion. More fear. More visceral.

“More ‘passionate’ I would suggest. Art always comes from suffering. Beauty always comes from sacrifice. Never forget that, doll.”

All those screams. All that red. All that music. I can’t stop myself anymore. I need it. I need to be part of the Sabbath.

“Shall we go?” Mainyu knows who I am right now. I wish I could say the same for me.

“Yes,” I say. “And Mainyu?”

“What?”

“Thank you for this but don’t make me stand in a queue ever again.”

He smiles.

No wonder his symbol is literally a smile. As I join the Sabbath I officially become part of Heaven’s Night.

Record of Ragnarok, gerarchia sociale e successo

È ormai da tempo che penso all’idea di gerarchia sociale e di quanto quest’ultima sia importante per il benessere fisico e spirituale. Cos’è la gerarchia sociale? Occupare un determinato posto in un gruppo sociale o in una semplice interazione. Mi spiego meglio: di solito chi è ricco o ha un buon lavoro è estremamente popolare e occupa una scala di rilievo nella gerarchia sociale. Questo è fondamentale per diversi motivi:

  • Chi è ben visto e chi occupa una posizione di potere ha una qualità della vita estremamente superiore in termini di casa, ricchezza, scelta del partner e sopravvivenza dei propri geni.
  • Chi è benestante ha una aspettativa di vita migliore e più lunga. Come dice il detto: ‘Quando l’aristocrazia prende un raffreddore, la classe operaia muore.’
  • Occupare una posizione migliore nella società porta a un’educazione migliore (licei privati, università, tutor) , la quale porta a occasioni lavorative migliori, le quali portano a una vita migliore.

La vita di un impiegato di una azienda minore, di un senza tetto e di una rockstar di fama internazionale sono completamente diverse. Percepire gli altri in base al loro ‘status’ fa parte della natura umana e non ha nulla a che fare con forme di governo o società.

Il buon Jordan Peterson (di cui ho parlato spesso in precedenza) accomuna l’essere umano con l’aragosta. Nonostante questi esseri possano sembrano cosi diversi l’uno dall’altro… hanno diversi punti in comune. Entrambi lottano per la sopravvivenza e la loro società è divisa in vincitori e vinti.

Quando due aragoste si combattono per il territorio, l’aragosta vincente occupa il posto desiderato. Ha una fissa dimora e ha accesso alle signore aragoste.

L’aragosta vincente ha una scarica di endorfina e serotonina che le fa credere di occupare un posto di rilievo nella ‘società’ delle aragoste.

L’aragosta perdente, al contrario, non produce endorfina e serotonina (indispensabili per il benessere fisico e psicologico): non ha un posto dove vivere, è stata dominata e deve convivere con l’umiliazione della sconfitta. L’aragosta perdente è dominata non solo nel corpo ma anche nella mente: ciò la porterà a perdere anche la prossima volta.

Questo è uno dei drammi della specie animale. Chi più ottiene più otterrà. Chi più perde più perderà. Le aragoste vincenti oseranno sempre di più ed espanderanno il loro territorio. Hanno già vinto in passato e ciò fa loro credere che vinceranno in futuro. Le aragoste perdenti occuperanno il fondo della gerarchia sociale considerato che hanno perso in passato e probabilmente perderanno in futuro: si faranno più piccole, meno aggressive e più propense a scappare e a non avere una dimora fissa.

L’essere umano è simile. Chi più vince, chi più osa, più vincerà. Chi più perde, più perderà. Questo è uno dei motivi per cui, per esempio, chi è stato vittima di bullismo al liceo lo sarà anche nella vita adulta mentre i bulli avranno la confidenza necessaria per combattere nella vita di tutti i giorni e vincere.

Ma… la buona notizia è che gli esseri umani non sono aragoste. La situazione si può benissimo ribaltare. Da un punto A si può benissimo arrivare a un punto B e non importa quante sconfitte si hanno all’attivo. E chi prende posizione, chi sceglie di reagire avrà sempre di più. Questo mi porta a Record of Ragnarok.

Di cosa parla in breve: gli dei di tutte le religioni (Zeus, Shiva, Ares, Thor…) hanno deciso di estinguere la razza umana. Una valchiria si oppone alla decisione degli dei e proponi tredici scontri: gli umani più forti contro gli dei più forti. Chiunque vinca sette scontri per primo sarà dichiarato vincitore. Se gli umani vincono, l’umanità potrà vivere per altri 1000 anni. Se gli dei vincono, l’umanità verrà estinta per sempre. C’è solo un problema: gli dei sono troppo potenti. Gli umani non possono nulla contro di loro. Il creato non può distruggere il creatore. Giusto? Giusto?

Forse. Il fatto è che gli umani non vogliono morire e il loro senso di sopravvivenza li porterà a battersi contro lo stesso concetto di Dio. Uno degli scontri che ho adorato di più è stato il terzo: Kojiro Sasaki contro Poseidone.

SPOILER PESANTI

OK.

Kojiro Sasaki (realmente esistito tra l’altro) è conosciuto da tutti per essere stato ucciso da Musashi Miyamoto, il più grande spadaccino della storia.

Che speranza ha Kojiro di uccidere Poseidone, uno degli dei più forti della mitologia greca? Quasi nessuna. Kojiro ha perso per quasi tutta la sua vita. Ha passato decine di anni ad allenarsi e a battersi con persone più forti di lui e ne è sempre uscito perdente. Ha passato notti insonni a elaborare tattiche e a maledirsi per non essere bravo abbastanza ma non ha mai abbandonato la ‘via della spada’ (o via della solitudine come la chiamerebbe Miyamoto). Non ha mai smesso di allenarsi neanche da morto. Ogni suo singolo fallimento lo ha portato nella sua battaglia senza speranza contro Poseidone. Gli umani che hanno combattuto prima di lui (Adamo e Feng Xian) sono morti. Se non ce l’hanno fatto loro lui non dovrebbe avere nessuna possibilità. Eppure… Kojiro ha vinto. La voglia di vincere e il suo desiderio di rivalsa per una vita passata a perdere lo hanno portato a uccidere un dio come Poseidone. Prima vittoria per l’umanità.

Il desiderio di vittoria è dentro ogni essere umano. I traumi del passato sono orribili e non sempre capita ciò che si merita. L’importante è andare avanti un passo alla volta. Con costanza, lentezza, caparbietà e intelligenza è possibile fare di tutto… anche uccidere un dio.

Il prezzo dell’ambizione

Stavo guardando un paio di video motivazionali su Youtube per darmi una carica emotiva. Ce ne sono migliaia nell’immensità del web.

‘Discorso motivazionale di Arnold Schwarzenegger’, ‘Discorso motivazionale di Donald Trump’, ‘Motivazione da Conor McGregor’: c’è l’imbarazzo della scelta.

Poi mi sono imbattuto in questo video.

Il titolo già potrebbe parlare per se. ‘Lavora ogni ora in cui sei sveglio.

Per chi non lo sapesse questo è Elon Musk, l’uomo che sta creando il futuro. Creatore della Paypal, della Tesla, della SpaceX, bullo del bitcoin e delle criptovalute. La visione di quest’uomo sta lentamente (ma inesorabilmente) cambiando le sorti del nostro pianeta. Forse sta persino cambiando le sorti dell’universo. Una delle cose per cui è più famoso è la sua incredibile etica lavorativa. Elon Musk lavora infatti 120 ore a settimana, dorme nel suo ufficio ed è disponibile ogni singolo giorno.

Ogni ora della sua vita è dedicata al successo e al raggiungimento della sua visione e del futuro. Come molti, Elon Musk non ha avuto fortuna all’inizio. Ha abbandonato la sua Università per creare una sua compagnia (che poi sarebbe diventata Paypal). Ha fallito spesso e ha dovuto ogni volta reinventarsi.

E tutto questo per cosa?

Per seguire la sua visione.

Secondo Elon Musk molte persone hanno le capacità per portare a compimento i propri progetti (qualsiasi essi siano… si, mi riferisco anche a te) ma, quelle stesse persone, a un certo punto, si fermano e si lasciano inghiottire dal baratro della paura del fallimento e dell’insuccesso. I risultati non arrivano dall’oggi al domani.

La strada per il successo è lastricata di sacrifici, sangue, lacrime, rinunce e stress. Ma la ricompensa che vi (ci) attende in fondo al tunnel sarà la cosa più bella che proverete nella vostra vita.

Sono a Milano da una decina di giorni e vivo in un ostello. Ho incontrato un ragazzo sudamericano che lavora in un ristorante giapponese… sembra l’inizio di una barzelletta ma non lo è. Lavora 60 ore a settimana e, nel frattempo, studia all’Università e sta gettando le basi per la sua azienda online. Quando non lavora, dorme in un letto a castello in una stanza con altre sette persone. Questo ragazzo è uno degli individui più felici che io abbia incontrato. Ogni volta che lo vedo, oberato di lavoro, mi regala un sorriso e mi dice che la sua routine quotidiana di studio e lavoro lo aiuta non solo a realizzare il sogno ma anche a dare un senso alla propria vita. In un certo senso mi ricorda Elon Musk.

Ogni volta che mi vedo in giro vedo persone che si lamentano della propria esistenza. Non hanno un piano preciso. Lavorano senza un obiettivo e scialacquano i propri risparmi cercando di dimenticare la propria vita. Il solo pensiero del lavoro è un suicidio.

‘La vita è una’ potrebbero rispondere i più ‘Non ha senso spendere ogni minuto a lavorare. Io lavoro per vivere non vivo per lavorare.’

Eppure sono le stesse persone che spendono nove ore della propria esistenza in un lavoro che odiano e che non cercano una valida alternativa.

E poi cosa c’è di più bello che lavorare e soffrire per raggiungere la propria visione di successo?

Lavorare ogni singolo momento della propria giornata (dormendo quattro ore come il buon Elon) non è certamente per tutti e, forse, non è neanche l’approccio più sensato per raggiungere degli obiettivi concreti. Tuttavia bisogna provare e riprovare, cercando un metodo che funzioni a seconda della natura della persona in questione.

Amerei poter dire di lavorare 100 ore a settimana, investire in azioni, scrivere 2000 parole al giorno da aggiungere al mio romanzo, aggiornare il mio blog quotidianamente, andare in palestra e leggere due libri a settimana… ma mentirei. Faccio molte di queste cose ma con una mole di lavoro decisamente più leggera.

A volte mi chiedo se sono davvero motivato a raggiungere il successo. Sto ottenendo qualche risultato ma non quello che realmente voglio. Devo davvero darmi da fare. I need to improve my game… come direbbe Joe Rogan.

Apro una lattina di Monster e mi metto di nuovo a lavoro.

Sarà una lunga notte, non è vero Spreco d’Ossigeno? (citazione di alto livello).