Accontentarsi e abituarsi al dolore è una forma di felicità? Ci stavo pensando in una delle mie passeggiate notturne al parco. Ultimamente va di moda questo trend sui social chiamato “You have no enemies” ispirato dalla trasformazione di Thorfinn di Vinland Saga: un uomo ossessionato dalla vendetta che decide di abbandonare il suo odio e abbracciare una filosofia di vita pacifista in cui, per l’appunto, nessuno è suo nemico.
Ma è davvero applicabile alla realtà? È davvero possibile scegliere questa strada in un mondo in cui, in molti casi, il più forte non si fa scrupoli a mangiare il più debole? Com’è possibile non covare odio e risentimento se si è stati vittima di soprusi anche a distanza di anni? Non si può tornare indietro nel tempo.
Questo è un fatto assodato. Ed è facile per molti parlare di lasciarsi tutto alle spalle quando non hanno mai subito reali ingiustizie. Dopo aver letto Vinland Saga credo che il messaggio di pacifismo sia stato sottointeso da molti. Thorfinn è stato un guerriero assetato di sangue. Sa come combattere. Sa come far male per via del suo passato. Semplicemente, ad un certo punto della storia, sceglie di non farlo e predicare l’amore. Ma sa come difendersi.
Il suo trauma è parte integrante della trasformazione della sua anima.
Il pacifismo predicato da Vinland Saga non è mera passività ma agire quando è strettamente necessario. Solo chi sa combattere può scegliere la pace sapendo di essere capace di violenza. Chi è semplicemente innocuo è invece alla mercé del più forte. Come dice Jordan Peterson, l’uomo deve essere capace di violenza e brutalità: deve essere un mostro capace di controllarsi. Ma è difficile. È difficile eccellere in qualcosa che viene contro natura.

Ormai ho iniziato il mio percorso nella boxe da più di due anni. Cosa mi ha insegnato ricevere diretti in faccia per tutto questo tempo? Cosa mi ha insegnato poter effettuare una combinazione gancio sinistro al corpo, gancio destra alla mascella? Sono forse una persona migliore sia dentro che fuori dal ring? Mi piace pensare di esserlo. Dopo tutto, nulla dona confidenza come saper combattere. Non sono di certo Tyson, ma il semplice fatto di salire su un ring con persone che mi guardano mentre un altro cerca di staccarmi la testa mi riempie di paura e di orgoglio.
Dopo questa esperienza il mondo reale fa meno paura: quando riesci a capire che siamo sacchi di carne che perdono sangue allo stesso modo e che abbiamo tutti il potere di fare del male tanto quanto di subirlo, il mondo appare un po’ meno grigio e più luminoso. Stessa cosa quando si guadagna più soldi o quando si ottiene un fisico migliore.
Tante piccole porte ci si aprono e la nostra crescita fisica, economica e spirituale ci permettere di essere un tantino più forti per aiutare noi stessi e le persone intorno a noi. Non possiamo tornare indietro. L’orologio biologico sta scadendo per tutti ogni secondo che passa. L’anno scorso avevo 24 anni. Ora 25. Il prossimo anno, se la mia dipendenza da Monster Energy non viene a reclamare la mia vita anzitempo, ne avrò 26.
Fino a quando sono in tempo, fino a quando ho fiato in corpo, voglio sforzarmi di essere un po’ più forte del giorno precedente. Non potrò mai scordare quel che ho passato. Fa parte di me. Ma, in un certo senso, sono grato anche delle cose negative che mi sono successe: hanno contribuito a donarmi una storia interessante e unica che appartiene solo a me. Sono grato di questa vita ma, più di ogni cosa, sono grato della mia vita.