Jordan Peterson, emozioni negative e riflessioni sul falò dei sogni

Non bazzico molto internet e i social network per due motivi: ci tengo alla mia salute mentale e, in fin dei conti, non c’è mai niente di interessante. Ultimamente, però, sono rimasto piacevolmente sorpreso dalla grande quantità di fan di Berserk che omaggiano l’opera e l’autore con aneddoti, storie, art design, disegni e AMV (anime music video). La grandissima maggioranza di quei commenti cominciava -o finiva- con le stesse identiche parole:

‘Grazie di tutto Kentaro Miura’.

Alcuni riflettevano su come il manga avesse influenzato positivamente le loro vite e come li avesse aiutati ad andare avanti nonostante vivessero un periodo molto difficile. Un commento di un anonimo narrava di come l’opera di Miura lo avesse distolto dall’idea del suicidio. La lista potrebbe andare avanti all’infinito ma non farebbe altro che confermare e riconfermare l’idea che la narrazione e la finzione possano difatti cambiare completamente la vita di un uomo. Chiunque abbia letto Berserk si è identificato in Guts, un guerriero simbolo della resilienza e della caparbietà umana che non rinuncia al diritto di vivere nonostante le tragedie della sua vita. Chiunque si è identificato con Griffith, con la sua ambizione e la sua volontà di trasformare il suo sogno in realtà.

Berserk è più utile e catartico del novanta percento dei libri di aiuto personale. Stai affrontando un momento difficile della tua vita? Anche Guts lo sta affrontando ma non cerca scuse o vie di fuga. Lui è uno ‘Struggler’ (una parola inglese meravigliosa che tradotta è una via di mezzo tra ‘combattente’ e ‘sofferente’) e continuerà a esserlo fino a quando anche lui avrà il lieto fine che si merita. Non importa quante sconfitte e quante umiliazioni subirà: lui combatterà con coraggio fino alla fine, danzerà nel caos della casualità e ne uscirà vincitore.

Sono orgoglioso della razza umana e di come molti amino Berserk: un inno alla vita e al sacrificio che non consce eguali nella storia della letteratura. Ma cosa c’entra Jordan Peterson? Cosa potrà mai centrare una delle menti più fini della nostra epoca con una opera senza eguali come Berserk? A mio modesto parere? Molto.

Per chi non lo sapesse, Jordan Peterson è uno psicologo e accademico caratterizzato da un acceso interesse per la psicologia della religione, della storia degli umani e del potenziale di questi ultimi. Da poche settimane ho cominciato il suo libro 12 rules for life che, come si evince dal titolo, propone 12 regole per migliorare la propria esperienza e qualità di vita. All’inizio di questo articolo sono stato un filino severo verso i libri di aiuto personale, ma questo titolo è l’eccezione che conferma la regola. Prendiamo i primi due dogmi del dottor Peterson:

  1. Stand up straight with your shoulders back (sta dritto con il petto in fuori e le spalle indietro)
  2. Treat yourself like someone you are responsible for helping (sii responsabile per te stesso e trattati come se tu fossi qualcuno che volessi aiutarti)

Oltre ad espandere e spiegare ciascuna regola con evidenti dati scientifici, aneddoti e citazioni bibliche (credetemi… hanno molto senso) Peterson spiega pazientemente, anche grazie all’uso della letteratura, perché questo possa condurre a una vita migliore.

La prima regola parte con un paragone molto strano: gli esseri umani sono molto simili alle aragoste per quanto strano possa sembrare. Le aragoste combattono tra di loro in spietate lotte territoriali per guadagnarsi un posto dove vivere in quello che potrebbe essere definito come un duello vero e proprio. Questi duelli all’ultimo sangue, ovviamente, prendono luogo anche per altre motivi, come, ad esempio, una semplice dimostrazione di potere, attrarre un partner sessuale o semplicemente per prevalere su un nemico.

Vincere, significa acquisire prestigio sociale e un posto preciso nella scala gerarchica il che significa avere più accesso a cibo, un alloggio dove vivere ed essenzialmente una vita più ricca e soddisfacente. Perdere, d’altro canto, significa essere sottomessi, essere cacciati, perdere status sociale (che è una cosa importante anche tra le aragoste apparentemente) e vivere una vita dalla qualità molto inferiore. Ecco cosa accade al livello fisico: il vincitore rilascia più endorfina, dopamina e serotonina (neurotrasmettitori associati al buon umore) che attrae più potere, confidenza, autostima e una probabilità di vittoria maggiore se mai dovesse combattere in futuro. La sua postura è imponente e grandiosa nonostante possa persino avere delle dimensioni piccole non adatte a un guerriero.

Il perdente non viene beneficiato da queste importanti reazioni chimiche e aumenta il suo livello di stress, ansia, depressione (malattia dovuta in parte alla mancanza di serotonina) poiché ha perso e la sua confidenza è ai minimi storici. Molto probabilmente, perderà anche le prossime battaglie in cui sarà partecipe perché nella sua mente il suo status di ‘perdente’ è ormai consolidato. La sua postura è curva, con le spalle cadenti (postura che dovrebbe in teoria proteggere dai predatori comunicando non verbalmente ‘sono un perdente, lasciatemi in pace).

La stessa cosa può essere percepita negli esseri umani. A nessuno di noi piace perdere e la vita non è esattamente un parco divertimenti. Ma perdere ogni singola volta potrebbe avere delle cause fatali sulla nostra salute, sul nostro lavoro e sulle nostre ambizioni. Qualche sconfitta di troppo potrebbe benissimo toglierci dalla strada per il successo e imbarcarci con un biglietto di sola andata per la depressione. Credo che Griffith ne sappia qualcosa quando il buon Guts se ne andò dalla squadra dei Falchi.

Post nut clarity, bro?

Abbiate una buona posizione eretta mentre parlate con qualcuno. Non importa quanto inadeguati e stupidi vi sentiate. Non comportatevi come una aragosta perdente e camminate nel caos a testa alta dopo la sconfitta come fa Guts.

La seconda regola va di pari passo con la prima. Vogliate il meglio per voi stessi e comportatevi come se voi foste i vostri stessi genitori. Non lasciate che il caos vi faccia disperare a tal punto da assumere dei comportamenti negativi e distruttivi. Siate forti fisicamente e mentalmente. Fate ciò che è meglio per voi e dominate il caos prima che quest’ultimo domini voi esattamente come Guts combatte contro la stessa idea di casualità e divinità trovando un senso in un mondo che raramente ne ha. Uccidete Dio anche se dovesse trovarsi sul vostro cammino e vivete una vita devota al vostro sogno. Lasciate che le emozioni negative costruiscano un futuro migliore e non diventate schiavi di esse.

Oppure fate l’esatto opposto.

Oppure io stesso potrei fare l’esatto opposto. Ma in entrambi i casi dovrò vivere con le conseguenze delle mie azioni. Quella è la parte più difficile, non trovate?

In ogni caso… grazie di tuttto Kentaro Miura. Ancora una volta.

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