Haruki Murakami- depressing af

Stavo guardando un vecchio video di Filthy Frank. Avete presente, no? Pink Guy? Nessuno? Eppure è stato un fenomeno di youtube nell’età dell’oro della piattoforma (referenza a Berserk). Se non lo conoscete, andate a cercarlo. Ad ogni modo, in quest’altro video Frank spiega nel dettaglio che cosa costituisce un weeabo. Per chi non lo sapesse: un weaboo è quella persona talmente ossessionata dagli anime e dalla cultura giapponese da immedesimarsi con la loro lingua, la loro storia e le loro credenze nonostante non siano giapponesi, non sanno parlare il giapponese, hanno visto sei serie anime e credono di sapere tutto sul Giappone. Sicuro avete presente chi sono queste persone.

La prima cosa che mi è balenata in mente è: ‘Di sicuro non parla di me.’ Ovvio che non parla di me. C’è un’enorme differenza tra chi semplicemente ama i manga e gli anime e chi si appropria di una cultura che non è la sua. La statuetta sulla mia scrivania di Yumeko senpai concorda con me. Ovviamente non dovete fidarvi della parola della mia waifu.

Accidenti. Troppo tardi.

Ovviamente si scherza qui. Non ho una statua di Yumeko sulla mia scrivania e non credo di essere giapponese solo perché adoro il loro intrattenimento (manga, anime, letteratura, cinema). Non voglio imparare il giapponese e non ho una waifu. Non che ci sia niente di male ad avere qualche action figure della propria serie animata preferita. Tuttavia, è bene capire quando una passione o un hobby diventa un ossessione. A tale riguardo, mi sento di consigliare un video musicale dal carattere provocatorio. MEMEME! Andate oltre il fan service e le numerose scene di sesso e provate a immedesimarvi con il personaggio principale di questa storia. Il personaggio principale è un Hikikomori (di cui ho scritto sul post dedicato a Holyland). Non lascia mai la sua casa, ha un’insana dipendenza da anime e pornografia che gli impediscono di vivere una vita normale. Il ragazzo è prigioniero di un mondo che non esiste.

Nonostante non mi sia mai trovato nella posizione del protagonista del video musicale, posso capirlo. D’altronde il mondo reale è così noioso, crudele e senza soddisfazioni… tanto vale rifugiarsi in un mondo animato, vero? Sbagliato! Se c’è una cosa che gli anime ci insegnano è di non arrendersi mai, trasformare la propria insoddisfazione in qualcosa di produttivo. Prendete Naruto: un ragazzino emarginato da tutti, senza genitori, che vuole provare il suo valore. Naruto ha due scelte:

Numero uno: eccellere nella via del ninja e provare riuscire ad avverare il suo sogno.

Numero due: chiudersi in casa con la sua waifu immaginaria per poi ritrovarsi a quarantanni a pentirsi delle proprie scelte.

Forse non è proprio questo il senso di Naruto, ma avete capito il punto. Il fatto è che, per citare Joe Rogan: ‘Tutti gli uomini devono scegliere tra due dolori: il dolore della disciplina (fare qualcosa di costruttivo), o il dolore del rimorso (scegliere la via più semplice e pentirsi in futuro)’. Vi chiedo di scegliere con grande saggezza.

Detto questo, cosa ci porta al titolo? Murakami è davvero deprimente? Si. Ma non del tutto. Per chi non lo sapesse, Haruki Murakami è uno scrittore ma non uno qualsiasi: uno dei scrittori orientali più famosi- e che ha venduto più libri in assoluto. Tra i suoi temi più cari troviamo l’alienazione, la depressione e l’indecisione. Wow. I protagonisti sono apatici a tutto ciò che li circonda e il loro malessere interiore, molto spesso, influenza il mondo in cui si muovono dando vita a una sorta di ‘realismo magico’: ovvero, un genere letterario in cui la magia si sposa in un contesto reale. Molto differente da un fantasy, poiché la magia ricopre un ruolo secondario esattamente come nei romanzi di Milan Kundera. Il libro in questione che ho letto è stato: ‘Colorless Tsukuru Tazaki and his years of pilgrimage’.

La trama è fantastica: Tazaki fa parte di un gruppo di amici -5 per l’esattezza- che si sono conosciuti negli anni delle elementari. Il gruppo è inseparabile: fanno qualsiasi cosa insieme e sono uniti da un profondo legame di amicizia. Un giorno, però, i quattro amici di Tazaki lo emarginano e tagliano tutti contatti con lui senza alcuna-apparente-ragione. Tazaki è devastato e porterà il malessere di essere stato escluso fino a quando diventerà adulto. Non riesce a stabilire più alcun contatto con le persone.

Il motivo per cui il protagonista è chiamato ‘colorless’: tutti i suoi amici hanno un cognome che rappresenta un colore. Tazaki è l’unico senza colore e, casualmente, è l’unico che è stato emarginato.

Il romanzo seguirà i pensieri, le emozioni e le azioni di Tazaki che vive annebbiato da uno spesso strato di apatia che gli impediscono di vivere la sua vita a pieno. A mio modesto avviso, il romanzo esegue uno splendido lavoro nel descrivere come la percezione di un evento possa completamente cambiare la percezione della vita. Tuttavia, è giusto dire che Tazaki è padrone delle proprie emozioni. Non esiste trauma abbastanza grosso da impedirci dal vivere una vita come vogliamo noi. Tazaki è distrutto dall’essere stato emarginato dai suoi amici perché lui ha permesso che questa emozione lo consumasse. Nel romanzo cercherà di cambiare questa attitudine e scoprire una volta per tutte il motivo per cui i suoi amici lo hanno abbandonato e finalmente andare avanti con la sua vita. Consiglio questo romanzo soprattutto a chi non ha l’abitudine di leggere molto. Lo stile della scrittura è scorrevole, il linguaggio è semplice e tutto è narrato in prima persona singolare. Il tema di non lasciare che un evento- per quanto negativo sia- influenzi la tua vita è affascinante quanto importante.

Lettura assolutamente consigliata. Come sempre, chiedo scusa per l’incapacità di andare dritto al sodo per ogni post che scrivo.

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